Esattamente 43 anni fa le Brigate Rosse hanno ucciso il Magistrato Francesco Coco il quale, dopo il sequestro del suo collega Mario Sossi, si rifiutò di cedere alla proposta dei rapitori che pretendevano la liberazione di 8 appartenenti alla banda XXII Ottobre in cambio del rilascio del magistrato Sossi. Questo “no” sarebbe costato la vita allo stesso Coco, colpevole di aver preservato lo Stato di diritto di fronte al ricatto del terrorismo.
Durante rapimento Sossi, Francesco Coco era procuratore generale verso la Corte d’Appello di Genova. Tale incarico gli ha permesso di impugnare la decisione presa dalla Corte d’assise d’appello attraverso la quale sarebbe stata concessa la “libertà provvisoria” agli 8 detenuti menzionati in precedenza. L’impugnazione avvenne una volta liberato il Magistrato Sossi e, motivando la decisione con la mancata incolumità di quest’ultimo, Coco impedì la liberazione dei detenuti attraverso un ricorso alla cassazione. Neanche la chiamata dell’allora Presidente della Repubblica Giovanni Leone una sera prima riuscì a dissuadere il magistrato.
“Farò il mio dovere fino in fondo”. Con questa frase detta al Presidente Giovanni Leone, Francesco Coco si dimostrò disposto a firmare la propria sentenza di morte. Il gesto del magistrato, definito da Renato Curcio “un arrogante voltafaccia”, sarebbe stato vendicato dalle stesse Brigate Rosse meno di un mese dopo.
Così, alle 13.38 dell’8 giugno 1967 Francesco Coco viene ucciso in salita Santa Brigida, in pieno centro storico di Genova. Nell’agguato, eseguito da un commando composto da almeno cinque killer sono caduti i due uomini della sua scorta: il carabiniere Antioco Deiana (40 anni) e Giovanni Saponara (42 anni). Il fatto che il Procuratore Generale di Genova e i due uomini della sua scorta fossero anche dei padri di famiglia non bastò per frenare il delirio dei brigatisti che, perpetrando il primo omicidio, alzavano il tono dei già difficili anni di piombo.
Nel frattempo, a Torino, Prospero Gallinari (brigatista della prima ora) aprì i festeggiamenti dando lettura a un messaggio di rivendicazione. Da quel momento, con la morte di Coco, le BR hanno aperto un’altra tappa della propria lotta, passando dalla rivoluzione all’involuzione, dalla protesta al terrorismo e dall’utopia all’assassinio.
Il paradosso ha voluto che Coco, come tante vittima di quegli anni, venisse lasciato nel dimenticatoio, mentre personaggi come Renato Curcio, fondatore e ideologo delle BR, sono trattati da eroi. Persino all’ANPI è stato fatto il tentativo di consegnargli una targa nel dicembre 2018, ma questi ultimi si sarebbero tirati indietro per le proteste sollevate da un settore dell’Opinione Pubblica. Eppure negli ultimi anni, altri brigatisti, quali Barbara Balzerani, Mario Moretti e Valerio Morucci, hanno goduto di un trattamento privilegiato da parte dei media, concedendo interviste oppure dando delle conferenze mentre Francesco Coco ha dovuto persino subire una seconda morte, quella del suo ricordo, quasi ignorato dalla memoria collettiva.