Tra una chiacchiera e l’altra, tra un insulto e l’altro quali sono i risultati della politica aggressiva rispetto all’immigrazione e nello specifico rispetto ai rimpatri? Quanto quindi il tutto era ed è frutto di una propaganda politica basata sulle paure e sull’ignoranza?
Durante la sua campagna elettore Salvini dicihiarava di voler vincere le elezioni per riempire gli aeroporti con immigrati per farli tornare a casa loro. Ha fatto la differenza? Consideriamo alcuni dati.
A parità di tempo, i primi sei mesi di governo giallo-verde, sono stati rimpatriati 3851 irregolari a fronte dei 3968 rimpatriati precedentemente dall’allora ministro dell’Interno Marco Minniti. Nel 2018, secondo dati del Ministero degli Interni, sono stati espulsi 6820 persone pari a 18 al giorno; diversamente con il governo Gentiloni la media era 17 al giorno. Considerando anche i primi mesi del 2019 la media è rimasta costante, 18 rimpatri al giorno.
Tra il 2015 e il 2017 sono stati emessi 95910 fogli di via ma nell’effettivo i rimpatri sono stati 16.899. Parliamo di circa il 18% a prescindere dal governo in carica. Se consideriamo gli ultimi 10 anni, il periodo con un maggior numero di espulsioni effettive rispetto ai fogli di via emessi sono gli anni tra il 2011 e il 2014, dove la percentuale supera il 20%.
Qual’è la difficoltà di ogni governo? I rimpatri sono soggetti agli accordi con i paesi di origine e dalla possibilità che il Paese di riferimento riconosca il migrante come suo cittadino. Non è possibile rimpatriare a prescindere perchè non viene permesso lo sbarco qualora il paese di riferimento non abbia messo il documento di viaggio per il rientro.
Negli accordi che solitamente vengono sottoscritti, l’Italia concede qualcosa come ad esempio per la Tunisia, l’Egitto e la Nigeria vengono forniti corsi di formazione alla Polizia locale con equipaggiamenti e mezzi come anche le armi, ciò nonostante la percentuale di rimpatri per la Nigeria non supera il 17%. Ci sono anche rapporti non concretamente sottoscritti come per il Marocco, paese con il quale nel 1998 fu firmato l’accordo per il rimpatrio mai ratificato, ciò nonostante vi è una collaborazione tra i consolati sebbene viene rimpatriato un marocchino su dieci. Con Tunisia ed Egitto il rapporto è uno su tre. Nello specifico per la Tunisia, l’Italia si è impegnata ad assisterla in cambio delle procedure rapide di rimpatrio.
La maggior parte degli irregolari arrivano dai paesi dell’Africa Subsahariana, paesi con i quali non si è riuscito a stabilire nessun tipo di accordo concreto e va da sè che non essendoci il riconoscimento da parte del paese d’origine, le persone in questione non possono essere rimpatriate; infatti la percentuale di rientri per questa area dell’Africa scende al 7%circa, rispetto al 15% del resto dei paesi del continente nero. Questo non è un problema solo italiano, ma di tutti i paesi di accoglienza. L’altro ostacolo italiano è l’assenza di centri per il rimpatrio(CPR) in ogni regione, i centri attualmente attivi in Italia sono 7, di cui 5 al sud ed ovviamente non mancano i costi che variano dai 3 ai 5 mila euro per rimpatrio. All’anno sono circa 30 milioni di euro e nel 2019 sono stati stanziati altri 1,5 milioni che potrebbero dare la possibilità di effettuare 500 rimpatri in più rispetto alla situazione precedentemente descritta.
Altro punto che si contrappone alle promesse e proposte del primo ministro Salvini è la scelta della Cassazione del 19 Febbraio esplicitata nella sentenza della Corte, secondo la quale il Decreto entrato in vigore il 5 Ottobre 2018 nel quale si abolisce il permesso per diritti umanitari non può avere valenza retroattiva. Si passa così dal 2% concessioni per protezione umanitaria del mese di Gennaio, al 28% di Febbraio, questi sono dati del Viminale che confermati, darebbero forza alla nostra Costituzione, che troppo spesso è soggetta a vilipendio per mano di chi crede che insulti, disprezzo e chiacchiere possano produrre qualcosa. Infatti il diritto d’asilo è tutelato dai trattati internazionali ma anche dall’art10 della nostra Costituzione. Insomma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare.
Non vi è dubbio che l’irregolarità crea disagio, l’ignoto è fonte di timore ma bisognerebbe dare un peso maggiore alla vita in generale e probabilmente, investire i soldi e le risorse diversamente dall’accanimento mediatico e dalla strumentalizzazione di un effettivo disagio sociale. Inoltre, non è possibile andare oltre nell’ignorare le condizioni di vita di chi cerca una nuova possibilità e che spesso si ritrova dove mai avrebbe pensato.
Come riportato direttamente dalle carceri libiche da programmi come PiazzaPulita e come del resto riportato anche dall’ONU nel report di Dicembre rispetto alle torture e gli abusi subiti all’interno delle carceri governative o gestite da milizie, gruppi armati locali. Le atrocità che si perpetrano da anni in questo paese sono ben note all’Italia come all’Europa ciò nonostante i diritti umani sono delle azioni in perdita e l’Europa ben se ne guarda dal comprarle. Anche con la Libia, l’Italia ha sviluppato accordi per il contenimento dei flussi migratori indi per cui noi sovvenzioniamo queste efferatezze, ma Salvini ritiene che non siano in pericolo nei centri governativi. Il problema è che le testimonianze di stupri, torture, mancanza di igiene, malattie sviluppatesi in epidemie, malnutrizione, cadaveri ammucchiati dove si dovrebbe dormire insomma, il nuovo genocidio avviene in tutte le strutture per un totale di circa 650mila vite. La politica non contempla l’umanità ma le persone si.
Quale è il prezzo dei diritti? Quanto siamo complici di queste barbarie?