Quando si parla di animali maltrattati, probabilmente a pochi viene in mente che anche i pesci soffrono. Una video-inchiesta, realizzata dall’organizzazione no-profit Essere Animali, ha messo in luce un’agghiacciante situazione, ovvero cosa accade ai pesci prima che arrivino sulle nostre tavole?
Attraverso delle telecamere nascoste, gli attivisti dell’organizzazione Essere Animali sono riusciti a documentare cosa accade negli allevamenti italiani di pesce. Il trattamento che la fauna ittica riceve non è diversa da quella riservata alla terreste; tuttavia, di cosa accada concretamente negli stabilimenti di preparazione e stoccaggio del pesce se ne parla pochissimo.
I pesci che maggiormente sarebbero sottoposti a questa tortura sono orate, branzini e trote poiché le più richieste dal mercato italiano. Le riprese sono state effettuate in grandi allevamenti del nord e centro Italia: stabilimenti capaci di rifornire la maggior parte dei supermercati della nazione.
La video-inchiesta mette in luce anche come il mercato alimentare sia cambiato nel corso degli anni. Oggi il pesce è un prodotto molto consumato, a tal punto che in Italia si è passati da un consumo procapite di 13 Kg nel 1980 a uno pari a 25 kg nel 2018. Questo significa che si è passati da un consumo globale di 18 milioni di tonnellate nel 1950 a uno pari a 104 milioni di tonnellate nel 2015.
Qui di seguito riportiamo la video-inchiesta effettuata dagli attivisti di Essere Animali, pubblicata su YouTube e sugli altri canali online dell’organizzazione:
I pesci provenienti da itticoltura, cioè da un allevamento intensivo, sono sottoposti a brutali passaggi. Le vasche in mare o sulla terraferma ospitano un numero variabile tra i cento e i trecento mila pesci. Un numero che cambia a seconda dell’età degli animali e della densità adottata dall’allevatore. Lo spazio a loro disponibile, dunque, è veramente limitato, soprattutto perché, per raggiungere il peso commerciale, qui ci passano circa 18 mesi.
Durante la fase di preparazione i pesci sono prelevati dalle vasche con reti molto grandi, provocando il soffocamento e il ferimento di quelli sottostanti. Il pesce è ammassato in grandi casse e cosparso di ghiaccio per una decina di minuti. Alcuni animali perdono la vita in questa fase, giacché l’acqua si impoverisce di ossigeno.
La fase più brutale è al centro di trasformazione. In alcuni stabilimenti i pesci ancora vivi ricevono una legatura tra branchie e coda come garanzia di freschezza. Altre aziende procedono a conficcare un’etichetta nel corpo con una pinzatrice. In altri ancora si lasciano i pesci a morire di asfissia oppure sono storditi e uccisi a colpi di bastone o sbattendoli contro un piano di acciaio.
Anche l’Organizzazione Internazionale per la Sanità Animale ha dichiarato che i pesci soffrono e che, in questo processo, la fauna ittica prova dolore. Proprio per questo, l’organizzazione Essere Animali ha lanciato una raccolta firme su change.org. Oltre 67 mila persone hanno già firmato.
L’obiettivo è chiedere alla Grande Distribuzione Organizzata di provvedere a risolvere queste problematiche. Questioni che sono state messa in luce anche da Efsa, Oie e Unione Europea.