L’America Latina è un continente coeso e frammentato allo stesso tempo. Dipende dalla prospettiva dalla quale viene osservato. Se si tiene conto di certi aspetti sociologici quali la lingua, la religione e la visione del diritto, allora abbiamo un continente che può dirsi pronto all’integrazione.
Se guardiamo invece ad altri particolari, quali le minoranze indigene che rivendicano una voce in capitolo in mezzo alla monocultura prevalente, i regimi politici di Nazioni sottoposte al presidenzialismo estremo che tendono a sfociare in autoritarismi, la militarizzazione delle frontiere e le profonde disuguaglianze che fratturano il continente dal Messico all’Argentina, capiamo che alcuni dettagli sono impossibili da ignorare se si vuole costruire una Comunità di Diritti.
Nel tentativo di garantire i diritti e le libertà fondamentali, la Corte Interamericana si è fatta avanti nel proporsi come garante dell’applicazione dei principi costituzionali all’interno degli Stati. Con una media di 20 sentenze all’anno, questo organo è riuscito a modellare alcune riforme costituzionali e l’applicazione delle costituzioni stesse attraverso il “Controllo di Convenzionalità”, e cioè, l’armonizzazione tra le norme e i valori condivisi stipulati all’interno della propria Convenzione.
Per armonizzare il Diritto Interno con i Principi della Convenzione Interamericana dei Diritti Umani, la Corte non può che contare sui giudici nazionali che dovrebbero applicare e disapplicare le proprie leggi osservando la Convenzione. Una pretesa molto esigente se si tiene conto dei limiti umani di certi giudici che diventerebbero anche dei legislatori. Sembra che la Corte abbia la pretesa di contare su un giudice-legislatore che applichi e disapplichi le norme discrezionalmente rischiando sempre di accentrare troppi poteri nelle mani di un singolo individuo
A proposito di accentramento di potere, il primo elemento con cui si scontra di continuo la corte interamericana dei Diritti Umani è il Potere Politico. In un continente dove i militari sono troppo attivi in politica e gli esecutivi raggiungono e conservano il potere calpestando la dignità umana di cittadini che spesso diventano sudditi di modelli stile Ancien Régimen, il Potere giudiziario della Corte Interamericana viene costantemente messo in discussione.
Spesso la Corte Interamericana dei Diritti Umani è rimasta inascoltata oppure ha subito la strumentalizzazione dei suoi principi da parte di chi conserva il potere:
In Nicaragua e in Honduras le decisioni della Corte hanno permesso la rielezione indefinita di alcuni presidenti violando il divieto di rielezione stipulato dalle costituzioni con l’argomento di “rispettare i diritti politici” di alcuni mandatari con chiare pretese di esercitare il potere in modo antidemocratico.
Quando invece è stato richiesto ad alcuni esecutivi di rispettare i diritti umani, di cessare nella repressione e nell’accanita persecuzione nei confronti dei propri dissidenti, l’appello della Corte Interamericana non è mai stato accolto. Nello specifico, le raccomandazioni e gli appelli della Corte non sono riuscite a porre un freno alla cruenta repressione esercitata da Maduro nel Venezuela o da Ortega nel Nicaragua. Anzi, la Corte Interamericana dei Diritti Umani è stata oggetto di contestazioni da parte di tali autoritarismi.
In conclusione, il sogno dell’integrazione Latinoamericana vede nella Corte Interamericana dei Diritti Umani uno strumento che in alcuni casi piomba dinanzi a un potere politico reazionario e propenso al conflitto anziché alla cooperazione.
E’ un braccio di ferro, quello tra Politica e Diritto, che mantiene l’America Latina ferma nel tempo, impedendone lo sviluppo, la cooperazione e soprattutto l’integrazione. Nel frattempo, il mondo va avanti…