
Dall’Italia al Brasile, dall’Ungheria agli Stati Uniti, l’ondata del sovranismo continua ad avere successo. Una consistente parte del mondo dimostra di essersi stancata dei partiti di massa, di sentirsi tradita per innumerevoli promesse elettorali mancate e disincantata da una classe chiusa in sé stessa.
Nel vuoto politico generato dal distanziamento tra la classe politica nei diversi Paesi e una realtà sociale in continuo cambiamento, si sono inseriti i cosiddetti “sovranisti”, i quali si plagiano le campagne elettorali a vicenda, ripetendo le stesse cose ovunque e variando soltanto il nome del Paese di riferimento (almeno quello).
L’operazione è analoga: Dall’ “America First” al “Prima gli Italiani”, dall’autoritarismo illiberale di Orban alle pretese autoritarie di Bolsonaro vediamo lo stesso copione: L’Ordine e la Sicurezza sono gli elementi chiave di una campagna elettorale dove l’uomo forte – che assicura di essere più efficace delle istituzioni democratiche – cerca di accumulare sempre più potere nella sua persona. Per giustificare l’accentramento di potere, il “leader carismatico” s’inventerà qualche nemico al quale attribuire tutte le colpe.
Il sovranista ha sempre bisogno di costruirsi un nemico sul quale legittimare la propria leadership. Nel nostro caso può trattarsi dell’Unione Europea o dell’immigrazione. In altre realtà, può trattarsi degli oppositori politici o di qualche Paese vicino. L’idea è quella di costruire un nemico interno o esterno utile per legittimare una narrazione fondata sulla chiusura, la paura e l’odio del diverso.
Il problema della narrazione sovranista non sta soltanto nell’uso dell’odio come strumento politico quanto nella negazione di una società aperta della quale non si può fare a meno. Il sovranista, quindi, è proprio carente di quel realismo dal quale se ne vanta ogni tanto: pretende raccontare la favola di una Nazione isolata dalle altre, cercando di mettere in discussione le infrastrutture che reggono la vita quotidiana delle persone.
Il sovranista, infine, promette di rompere l’equilibrio raggiunto da una cooperazione che, pur essendo precaria, garantisce la stabilità delle relazioni internazionali per non creare nulla. Pur di abbattere una società aperta, il sovranista trascinerebbe il proprio Paese indietro nel tempo: è talmente idealista che non se ne accorgerà dei problemi e le crisi che le sue politiche stanno generando fin quando tali situazioni fioriranno all’interno del suo giardino.
La domanda da porsi è se il sovranismo sia la mera strumentalizzazione di una reazione per conservare il potere delegittimando i partiti di massa, oppure è in corso un vero piano d’isolamento degli Stati per trascinare il mondo alla tensione perenne in cui si è già trovato un secolo fa.