
Nelle scorse settimane tra lo scandalo di rimborsopoli e gli impresentabili perché massoni o condannati, il capo politico del Movimento 5 Stelle, applicando alla lettera il codice etico, ha provveduto ad espellerli. Di Maio si è subito preoccupato di rassicurare gli elettori del movimento, affermando che gli espulsi non sarebbero stati eletti e che tutti gli ineleggibili avevano firmato un accordo di rinuncia alla proclamazione degli eletti. Parole spese per convincere gli elettori e per dimostrare la linea dura del movimento che predica onestà e trasparenza. Gli impresentabili, nonostante le rassicurazioni di Di Maio, sono stati eletti ed i loro voti sono confluiti nel 32% assegnato al partito.
Catello Vitiello, il massone, è stato eletto nel collegio di Castellammare di Stabia con il 46,58% dei consensi aggiudicandosi un posto in Parlamento, come del resto il presidente del Cosenza Calcio Salvatore Caiata eletto a Potenza con il 42% dei consensi. Entrambi già in precedenza avevano dichiarato di non voler rinunciare alla possibilità di sedersi in Parlamento. L’espulso Antonio Tasso, che non aveva dichiarato di essere stato condannato per violazione alla legge del diritto di autore ha ottenuto oltre 50.000 voti, ossia il 43,5%. Emanuele Dessì, nonostante avesse firmato il foglio di carta attestante la rinuncia al seggio, ha fatto sapere che “non esisteva una legge che prevede la rinuncia alle elezioni, il voto dell’elettorato è costituzionalmente indisponibile”. Anche i coinvolti nella vicenda Rimborsopoli sono stati rieletti: Andrea Cecconi ha battuto a Pesaro il Ministro Minniti e Giulia Sarti è stata ripescata al seggio in Emilia Romagna.
Forse l’ex studente di giurisprudenza, Luigi Di Maio, non ha fatto in tempo a frequentare le lezioni di diritto costituzionale e non sa che quel foglio sottoscritto dagli espulsi è solo carta straccia. Ha venduto, ancora una volta, fumo agli elettori che hanno abboccato alle parole del capo del Movimento politico. La decisione delle dimissioni deve passare dall’aula che può, o meno, accettarle. Emblematico il caso del senatore del M5S Giuseppe Vacciano che, una volta uscito dal movimento, ha presentato per ben cinque volte le sue dimissioni in Senato prontamente respinte ogni singola volta.
Non è detto quindi che le dimissioni vengano accolte anche perché all’uninominale l’eletto non può essere sostituito automaticamente dal secondo dei non eletti. La linea dura di Di Maio sotto la bandiera dell’onestà va contro l’articolo 67 della Costituzione che recita: “Ogni Membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Ciò significa che gli epurati del movimento, comunque eletti dal popolo, possono tranquillamente esercitare le loro funzioni parlamentari.
Tutto sommato il pezzo di carta firmato non ha alcun valore legale poiché qualsiasi atto dove siano riportate disposizioni contrastanti alle leggi statali superiori, la Costituzione è la legge suprema, è da ritenersi nullo. Il buon Di Maio non ha avuto modo nemmeno di dare un’occhiata alla gerarchia delle fonti per comprendere che il suo accordo di rinuncia al seggio degli impresentabili è carta straccia. Forse sperava che non fossero eletti, speranza naufragata con i risultati elettorali e Di Maio non può farci nulla a meno che, oltre ai numeri, voglia sovvertire anche la Costituzione italiana.