Mentre la destra riesce a cavalcare ogni tipo di protesta e si espande in un corpo sociale tarantola dai morsi della crisi economica, il campo della sinistra fatica a ritrovarsi in uno spazio politico comune, si decompone e polverizza in una miriade di sigle, proponendo alla mitica classe operaia ed al ceto medio produttivo il desolante spettacolo della sua impotenza.
Il travaglio del PD, che era stato originariamente disegnato per assemblare anime diverse in un contenitore democratico genericamente progressista, ed affermare la propria vocazione maggioritaria nel sistema bipolare al tempo esistente, appare ormai senza sbocchi. E ciò avviene nell’imminenza di un confronto elettorale destinato a sancire l’ingoverbabilita’ del Paese, o, in subordine, la necessità di una commistione tra contendenti che oggi si dichiarano fieramente alternativi.
Con la nuova legge elettorale, ed all’interno di un tripolarismo imperfetto, l’esigenza di formare coalizioni è funzionale alla competitività nei collegi uninominali, ma anche qui la sinistra espone come un vessillo la sua rissosita’, si frammenta, si accapiglia, a volte si polverizza, come sta avvenendo in quella sottile intercapedine politica che si è materializzata tra PD ed Mdp: i Verdi, i Socialisti, i Radicali, l’Italia dei Valori ed i seguaci di Pisapia si stanno ulteriormente frantumando al loro interno in corpuscoli subatomici, impalpabili, quasi metafisici.
Scenario tragicomico in un’Europa che rinnega i vecchi equilibri, perde i punti di riferimento e naviga verso l’ignoto.