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Cronaca di un flop annunciato

| 26 Giugno 2017 | POLITICA

Nei commenti ai risultati elettorali manca sempre la riflessione autocritica dei perdenti, che annaspano alla ricerca di improbabili giustificazioni, anziché soffermarsi sulle ragioni di fondo del loro insuccesso. Il PD, in particolare, non vuole fare i conti con la strutturale ambiguità che lo vede perpetuamente oscillare tra nostalgia ideologica e pragmatismo
riformista, nel tentativo, inutile e pretenzioso, di tenere insieme suggestioni del novecento ed aneliti del nuovo millennio.

Sgomberare il campo dei tanti tabù che ne rendono faticoso il cammino è lavoro ahimè incompatibile con il DNA del soggetto, che offre di se un’immagine
pirandelliana, nonostante il tentativo del suo giovane leader di procedere ad una ridefinizione dell’identità. Chi è oggi il PD? Uno, nessuno, centomila. Governa da anni con Alfano, si annusa con Berlusconi nell’ottica di riforme istituzionali e governi di larghe intese prossimi venturi, ma, subito dopo, a scissione consumata, guarda a Pisapia ed al suo campo largo della sinistra, del quale non si riescono neanche ad immaginare i confini. Si sono appena celebrati congresso e primarie per rilegittimare un leader sfiancato dal referendum, ma il controcanto interno, nonostante la fuoruscita dei postcomunisti storici,
non accenna a spegnersi e pretende di dettare la linea.

La sconfitta alle amministrative, con il corollario della bassissima affluenza alle urne, segnala la disaffezione del corpo elettorale nei confronti di un partito che non sa disegnare un’orizzonte nitido, è appesantito dalle responsabilità di governo, sconta divisioni interne ormai cronicizzate ed insuperabili. Perché, ad esempio, non si è offerto uno straccio di speranza, una qualsiasi iniziativa per arginare il flusso dei migranti ad un Paese stremato da un’invasione senza precedenti, rinunziando ai voti di quanti chiedono buon senso, prudenza, rispetto per i loro timori?

Per riprendersi dal flop annunciato, occorrerebbe un colpo d’ala, unitamente ad una definitiva resa dei conti tra le diverse anime, ma è lecito presumere che ciò non avverrà e quanti di noi hanno sognato il cambiamento, dopo aver visto all’opera i governi
di centrodestra e centrosinistra ed ascoltato le sirene del populismo a 5 stelle, saranno costretti a svegliarsi più soli che mai.

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