Il tema è quello della legge elettorale, ma il problema attiene alla pochezza della classe politica ed all’inconcludente e pettegolo chiacchiericcio di una informazione occhiuta, che guarda dal buco della serratura per scoprire prove più a sostegno dei propri convincimenti che della realtà dei fatti.
La legislatura volge al termine, dopo il trauma iniziale dell’alleanza coatta tra FI e PD, quello intermedio della sostituzione di Letta ed il finale annunciato del no al referendum e della devitalizzazione dell’Italicum. Un’agonia lenta, segnata dal ritorno sulla ribalta di un personale politico logorato dal tempo e dagli insuccessi, che si ripropone come alternativa al nuovismo rampante di Renzi, cui viene rinfacciato, con martellante mugugno, di voler staccare la spina al malato, senza neanche portarlo in Svizzera.
E restiamo appesi, tra sbarazzino giovanilismo e gerontocrazia di ritorno, agli esiti di una trattativa sulla nuova legge elettorale, che sono ancora legati agli sbalzi di umore di Grillo ed alle paturnie della Taverna, all’ira improvvisa del vegliardo Napolitano ed ai sussulti di protagonismo di un Prodi redivivo.
Se non basta un accordo tra i 4 maggiori partiti presenti in parlamento, per assicurare un’agevole approvazione della riforma e si continua, in spregio ai numeri, ad avere paura di voti segreti ed imboscate, vuol dire che la nostra democrazia gode di pessima salute e sul nostro futuro si addensano nubi sempre più minacciose.