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Il partito virtuale

| 5 Giugno 2017 | POLITICA

Da qualche tempo la grancassa mediatica, sempre più espressione di desideri ed antipatie del mondo dell’informazione, più che della realtà, sta enfatizzando il ruolo di un partito virtuale, che non ha rappresentanti in parlamento, sedi conosciute e gruppo dirigente,
ma viene narrato come determinante negli equilibri politici italiani. Sto parlando di Pisapia e del suo fantomatico movimento, che si sarebbe assunto il compito, da alcuni chiamato missione, di federare tutto ciò che si muove a sinistra del PD.

Il senso e la portata di tale operazione politica sfuggono parzialmente alle “mie modeste capacità di decifrare e comprendere i movimenti di quel campo largo (?), che appare più aduso alla frammentazione che alla sintesi, ma non è su tale difficoltà che voglio soffermarmi.

Ciò che stimola di più la mia curiosità è la collocazione politica di tale nuovo soggetto, il quale proclama, simultaneamente, di avere la vocazione di un centrosinistra di governo, ma di non prevedere alleanze con il PD, reo di concorrere al varo di una legge elettorale proporzionale e di non escludere una futura alleanza con Berlusconi.

Qualcuno mi spieghi come potrebbe Pisapia, che scende in campo per rendere più agevole all’arcipelago della sinistra il superamento della soglia di sbarramento, arrivare al governo del Paese, tenendosi distinto e distante dal PD, con il quale i suoi compagni di merende D’Alema e Bersani non intendono interloquire.

Siamo, con tutta evidenza, oltre la soglia del velleitarismo, per cui appare legittimo definire virtuali non solo il partito, ma l’intero mondo nel quale si muovono Pisapia e gli araldi del giornalismo italiano, affetti da renzofobia, con complicanze cerebrali.

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