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Processo ‘Xenia’: chiesti 7 anni e 11 mesi di reclusione per l’ex sindaco Mimmo Lucano

| 18 Maggio 2021 | CRONACA

L’ex sindaco di Riace Domenico ‘Mimmo’ Lucano deve essere condannato a 7 anni e 11 mesi di reclusione. A chiederlo è stato il pm di Locri Michele Permunian. L’ex primo cittadino, nel processo “Xenia”, è accusato di associazione a delinquere, abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d’asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per presunti illeciti nella gestione del sistema di accoglienza dei migranti nel centro della Locride.

Proprio per le politiche portate avanti sull’accoglienza e la gestione dei migranti, Lucano era diventato famoso in tutto il mondo. “La richiesta così alta è l’ennesima dimostrazione che Riace e il modello che avevamo realizzato fanno paura. È stato un ideale politico che vogliono distruggere”, ha commentato Lucano. Tramite l’avvocatura dello Stato, il ministero dell’Interno ha chiesto un risarcimento danni da 10 milioni agli imputati. Il legale del ministero, intervenuto dopo la requisitoria del pm, ha chiesto una provvisionale di 2 milioni di euro.

Nel processo, oltre all’ex sindaco di Riace, sono imputate altre 26 persone. Per Lemlem Tesfahun, la compagna di Lucano, il pm ha chiesto 4 anni e 4 mesi. L’accusa ha poi chiesto tre assoluzioni e per gli altri imputati condanne con pene da un minimo di 6 mesi a un massimo di 7 anni e 11 mesi. Nella sua requisitoria il pm ha sostenuto, tra l’altro, che “è stata smentita la tesi difensiva che parlava di processo ‘politico’”.

Ad aprire la requisitoria dell’accusa è stato il procuratore della Repubblica di Locri Luigi D’Alessio. “Questo non è un processo al nobile e reale fine dell’accoglienza. Non è mai stato nelle intenzioni della Procura contrastare il principio fondamentale dell’accoglienza dei migranti.

Quello che ha mosso questa indagine è stata la consapevolezza dell’agire in modo opposto nel favorire l’accoglienza”, ha detto. “L’indagine – ha aggiunto – ha riguardato la mala gestio dei progetti di accoglienza e le vere parti offese sono stati gli stessi immigrati visto che a questi ultimi sono state date le briciole dei finanziamenti elargiti dallo Stato.

In questa vicenda non sono state le norme ma si è cercato di giustificare un fine nobile con una commissione di reati. Qui non deve quindi passare il principio del giustificazionalismo”. Dopo D’Alessio è intervenuto il pm Michele Permunian, che ha formulare le richieste al Tribunale di Locri.

Lucano non era presente in aula. Poco dopo la richiesta dell’accusa, è arrivato il suo commento. “La richiesta così alta – ha detto – è l’ennesima dimostrazione che Riace e il modello che avevamo realizzato fanno paura. È stato un ideale politico che vogliono distruggere. Non è un caso che comincia tutto nel 2016 quando l’area progressista apre le porte alla criminalizzazione della solidarietà in Italia e in Europa. Dopo arriva Salvini e completa l’opera. Non è nemmeno un caso che oggi a Riace l’accoglienza ancora resiste e la mission continua senza fondi pubblici e tra mille difficoltà. Questa è la risposta più forte. Oggi è stata la giornata della Procura. Ma l’ultimo capitolo si deve ancora scrivere”.

L’ex sindaco ha aggiunto che “alcune accuse sono completamente inventate. Il profilo che hanno tratteggiato non corrisponde al mio”. E ancora: “La Procura insiste che io ho avuto motivazioni politiche legate a candidature. Quello che non dice il pm è che io non mi sono mai candidato se non al Comune di Riace rifiutando proposte come quella al Parlamento europeo, alle politiche e alle regionali. All’inizio mi hanno accusato di aver fatto sparire milioni di euro, poi il teorema della Procura è cambiato perché il dibattimento ha dimostrato che non era vero e così hanno ripiegato su motivazioni politiche inesistenti”.

TAG: Calabria, Mimmo Lucano, processo, Riace
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