Ormai è diventato una modalità sempre più diffusa, ci si sofferma spesso a guardare il dito e quasi mai si cerca di capire ciò che indica, ovvero la metaforica luna. Gli esempi sono innumerevoli, uno dei tanti venuto alla ribalta ultimamente è costituito dalla comparsa di cartelli che recano la scritta “non si affitta ai negri” o scritte simili sostituendo solo l’etnia, esattamente come negli anni 70 al nord erano comparsi cartelli con la scritta “non si affitta ai meridionali”, o più offensivo “ai terroni”.
La conclusione più ovvia è quella di addossare il tutto ad una forma di razzismo, incolpando il popolo Italiano di essere poco incline ad accogliere etnie e persone considerate estranee o diverse per ragioni puramente di razza. Mentre per gli anni 70 vi potevano essere ragioni razziste dovute perlopiù ad usi e costumi diversi in netto contrasto con la socialità del nord, oggi è tutta un’altra storia . Come sempre è necessario approfondire per capire le vere ragioni senza escludere che, episodi di puro razzismo ci sono sicuramente, ma generalizzare su tutto il fenomeno forse non è corretto.
Chi ha preferito investire sul mattone, anziché lasciare i danari nelle mani delle banche, oppure si è trovato ad avere in eredità un immobile rimane molto combattuto sul da farsi. Se decide di vendere per necessità, rimarrebbe penalizzato dall’importante discesa dei prezzi che quasi in ogni parte si riscontra, mentre se decide di mettere il bene a rendita con la richiesta di un affitto i rischi sono ancora maggiori. Lo stato non tutela i proprietari degli immobili, in particolare modo se affittati, per cui l’inquilino che eventualmente non paga la pigione, e spesso anche le spese condominiali, può continuare ad occupare tranquillamente per oltre due anni l’alloggio prima che un giudice decida lo sfratto, sempre ammesso che non vi siano minori o donne incinte al suo interno, altrimenti non se ne parla proprio.
Nel frattempo le spese condominiali saranno a carico del proprietario e la cedolare secca sugli affitti del 21% rimane “dovuta” all’ufficio delle entrate, a loro non interessa se il proprietario non percepisce il pagamento. Oltretutto gli immobili quando vengono restituiti risultano spesso in condizioni penose e, richiedere un rimborso per danni arrecati, rimane una strada impraticabile per insolvenza dei soggetti. C’è da sottolineare la piena solidarietà a chi si trova in condizioni disagiate, sicuramente non deve essere facile affrontare situazioni di estrema difficoltà, dovrebbe però esserci un sostegno da parte dello stato e non lasciare che sia il proprietario dell’immobile a sopperire a queste mancanze.
Spesso dietro questi aspetti si nascondono molti soggetti che ne approfittano sfruttando la situazione di lungaggini burocratiche per ricavarne un vantaggio economico. Di fatto si obbligano i proprietari a fornire un servizio sociale che dovrebbe essere a carico dello stato. È chiaro che di fronte a questo iniquo trattamento ognuno pone i rimedi che ritiene più opportuni. Si preferisce lasciare l’immobile vuoto oppure si sceglie con accuratezza a chi si concede. Si valuta la possibilità che ha il richiedente di sostenere il costo e nel fare questa cernita si è costretti a non tenere in considerazione determinate categorie di persone spesso molto svantaggiate.
Questa mancanza da parte dello stato di far rispettare delle semplici regole di convivenza ha determinato un comportamento scorretto di larga scala per cui il razzismo, invocato da molti come ragione dominante, a ben poco a che vedere. Prevenire è meglio che curare, anche perché la cura può risultare parecchio onerosa. Questo rimane il maggior ostacolo per concedere affitti e fa sì che vi sia un gran numero di immobili lasciati sfitti volutamente per non incorrere in intricate situazioni.