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Attilio Manca: storia di un falso suicidio

| 16 Settembre 2017 | ATTUALITÀ, CRONACA

Uno dei tanti misteri che costellano la storia del nostro bel paese è quello del giovane urologo Attilio Manca, 34 anni, rinvenuto cadavere la mattina del 12 febbraio 1994 nella sua casa a Viterbo. Il medico è stato trovato riverso sul letto con due buchi sul braccio sinistro, il viso tumefatto e il setto nasale rotto. Accanto al corpo sono state rinvenute due siringhe con i salva ago inseriti.

Il primo esame la morte è stata attribuita ad un overdose di eroina, farmaci e alcol, Manca dunque, viene considerato dalla Procura di Viterbo, un consumatore abituale di sostanze stupefacenti. La morte del medico sembra chiudersi qui, ma la famiglia Manca pone i primi dubbi sulla ricostruzione fatta dagli inquirenti.

Ma qualcosa non torna. Attilio Manca era mancino, i buchi che sono stati rinvenuti erano sul braccio sinistro. Come avrebbe potuto un mancino iniettarsi dell’eroina nel braccio sinistro? La Procura di Viterbo sostiene che, essendo Manca un medico, fosse ambidestro e non esclusivamente mancino.

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Tesi assurda contestata dalla famiglia. Nell’appartamento, inoltre, non vengono rinvenuti gli strumenti necessari in uso a chi è solito utilizzare l’eroina. Altro elemento importante è lo stato del volto di Attilio Manca, completamente ricoperto di sangue con il setto nasale deviato e il labbro superiore gonfio. C’era talmente tanto sangue che era sgocciolato persino a terra. Come è possibile che un soggetto si inietti una dose di eroina e poi si prenda a pugni da solo fino a deturparsi il volto?

Infatti la relazione dell’esame autoptico, svoltosi molto sommariamente, non riporta lo stato del viso del dott. Manca. Le indagini svolte dalla Procura di Viterbo, sono state molto lacunose e sommarie, come più volte detto dai legali della famiglia Manca, gli avvocati Repici e Ingroia. Sin da subito, i familiari capiscono che qualcosa non quadra e non accettano la tesi del suicidio, le loro intuizioni vengono avvalorate quando Vittorio Copellino riferisce ai genitori di Attilio Manca, in una intercettazione del boss Francesco Pastoia, legato a Bernardo Provenzano, nella quale si allude ad un urologo siciliano che avrebbe curato il Provenzano.

Nell’autunno 2003 Bernardo Provenzano viene operato alla prostata in Francia. I genitori di Attilio Manca collegano questo fatto proprio ad una trasferta del figlio nell’autunno 2003, per una attività sanitaria in Provenza. Tale tesi non viene considerata attendibile dalla procura di Viterbo. Molto probabile, l’urologo originario di Barcellona Pozzo di Gotto (ME), avendo operato il boss Provenzano pur non conoscendone l’identità, con il passare del tempo, lo avrebbe riconosciuto, di conseguenza, diventato un testimone da eliminare.

Un sospetto ancora più inquietante si insinua in questa vicenda: il coinvolgimento dei servizi segreti nell’eliminazione di Manca. Secondo quanto riferito da Ingroia, Manca “non è stato eliminato come avviene negli omicidi di mafia, è stato eliminato come avviene negli omicidi dei servizi segreti, dagli apparati dello Stato.” Quando lo Stato vuole eliminare un testimone scomodo, lo fa apparire come se fosse un caso fortuito, una morte apparentemente naturale o accidentale, di creare sospetti diversi.

E’ verosimile che questa triste pagina, sia legata alla famosa trattativa Stato-Mafia; l’interesse dello Stato era forse quello di mantenere Provenzano vivo a garanzia della tregua stipulata. Quindi lo Stato, doveva garantire l’anonimato di tutto l’entourage che si è occupato della trasferta sanitaria di Provenzano. Forse si è presentato con lo stesso cognome Lo Verde con il quale si presentava nel salotto di Ciancimino, oppure con il cognome Farruggia  lo stesso utilizzato agli inizia degli anni settanta durante la sua latitanza a San Giovanni La Punta. (In quella circostanza Provenzano era in compagnia di Luciano Liggio e si recò anche in caserma dai Carabinieri del luogo per una banale questione di vicinato e non venne riconosciuto dai militari).

Questa ricostruzione è avvallata dalle testimonianze di pentiti come: Carmelo D’Amico, Stefano Lo Verso e Giuseppe Setola, anche se poi hanno ritrattato. Secondo quanto riferito dal pentito Giuseppe Campo, lo squadrone della morte di Stato, avrebbe dovuto agire contro Attilio Manca già nel dicembre 2003. E’ stato Umberto Beneduce, un mafioso di Barcellona Pozzo di Gotto in provincia di Messina, a chiedergli di sparare al medico. Ordine poi rientrato perchè la morte di Manca doveva sembrare un suicidio. In quella occasione il Beneduce rivela al Campo che la morte era stata decisa in quanto Manca aveva operato Bernardo Provenzano.

D’Amico ha aggiunto che ad uccidere Manca è stato un ufficiale dei servizi segreti detto “u calabrisi o u bruttu”, bravo a far apparire gli omicidi in suicidi.

U calabrisi u bruttu, ufficiale dei servizi segreti con una faccia brutta, è facilmente riconducibile alla figura di faccia da mostro Giovanni Aiello, recentemente scomparso a causa di un infarto mentre si trovava in spiaggia in mezzo ai bagnanti. Allo stato attuale l’unica che ha pagato per il caso manca è Monica Mileti la fornitrice di eroina. La famiglia tiene alta l’attenzione su questo caso anche con una raccolta di firme per chiedere la non archiviazione del procedimento. Attilio Manca e la sua famiglia meritano giustizia. Una morte assurda di un medico la cui colpa è stata quella di aver operato un latitante protetto dalle istituzioni.

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