Sono le 9 del mattino del 16 marzo 1978 quando un commando delle Brigate Rosse sequestra l’onorevole Aldo Moro attraverso un’operazione paramilitare nella quale vengono uccisi i cinque uomini della sua scorta. Proprio in quel giorno, l’Italia era in attesa del Compromesso Storico che avrebbe avvicinato la DC e il PCI nella formazione di una maggioranza destinata a superare il clima d’instabilità politica che si respirava nel paese e, in particolare, lo stallo al quale era sottoposto il parlamento da alcuni anni.
Con il sequestro Moro iniziano 55 giorni più drammatici della nostra storia repubblicana, il terrorismo politico aveva colpito il cuore dello Stato. La commissione d’inchiesta si ritrova a dover affrontare dei depistaggi, la controforza dei servizi segreti deviati e soprattutto, l’esistenza di una struttura più vasta dietro la facciata delle BR. Quando si parla di questo caso, la domanda più ricorrente è perché le BR (e chiunque le manipolasse) si sono abbattute contro di Moro? Come mai si è arrivati alla decisione di ucciderlo? Perché non c’è stato un maggior impegno dello Stato?
Per trovare una risposta, dobbiamo capire quanto era diventato “pericoloso” il disegno di Moro per alcuni gruppi di interesse e particolarmente, quali erano le sue implicazioni nell’assetto politico interno ed esterno. Moro aveva dato vita alla “Strategia dell’attenzione” come risposta efficace alla Strategia della Tensione che aveva come obiettivo la destabilizzazione e il disfacimento degli equilibri politici.
La Strategia dell’Attenzione.
Enunciata da Aldo Moro al Congresso della Democrazia Cristiana il 29 giugno 1969, la Strategia dell’Attenzione nasceva dal “bisogno di rendere possibile, lasciando da parte l’ambiguità e comodità, il più ampio dialogo in vista di una nuova e qualificata maggioranza”. In effetti, tale strategia apriva le porte alle trattative verso il Compromesso Storico, elaborato dal 1973 e il 1979 al fine di formare un governo di maggioranza, il quale, legittimato da un ampio consenso di massa fosse capace di resistere ad ogni attacco.
L’obiettivo del compromesso storico era quello di risanare e rinnovare la società e le sue istituzioni italiane. Basandosi sulla teoria delle “convergenze parallele”, anche se la DC e il PCI erano diametralmente opposti, il fatto di convergere su alcuni punti essenziale rendeva possibile la loro adesione a un governo destinato a sbloccare l’assetto politico del paese.
Un Disegno Politico “Scomodo”.
Il disegno politico tessuto da Moro e Berlinguer diventava una realtà scomoda per alcuni. Già nel 1974, a Washington, l’allora segretario di stato Henry Kissinger minacciò Aldo Moro, il quale avrebbe finito “peggio di Allende” se non mollava la trattativa con il PCI. Infatti, Moro al suo ritorno rimase fuori la scena politica ufficialmente per malattia e tornò in campo per guidare la DC verso il compromesso storico.
La minaccia di Kissinger, così come alcuni scontri tra Berlinguer e i sovietici, dimostravano che il compromesso storico aveva delle implicazioni complesse: se da un lato sbloccava la situazione politica interna, dall’altro, lasciava un precedente a livello internazionale. Il fatto di porre fine al bipolarismo emanato dalla guerra fredda per fare spazio a un compromesso fondato sull’interesse generale comportava un passo avanti rispetto alle tempistiche della guerra fredda: Si assorbiva il PCI dentro la maggioranza cacciandolo dall’orbita sovietica e allo stesso tempo questo allargamento avrebbe diminuito l’incidenza degli estremi e in particolare, quella dei gruppi terroristici.
Il sequestro di Moro e il suo conseguente omicidio sono avvenuti per evitare un compromesso storico di portata internazionale. Il caso, studiato approfonditamente da molti, lascia ancora tante interroganti e, se permettete, non sarebbe più idoneo commemorarlo mettendo in pratica le sue idee? …In questo particolare momento politico, non ci tornerebbe utile una certa Strategia dell’Attenzione?