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Il Ghetto di Roma

| 17 Gennaio 2023 | CULTURA

Il Ghetto di Roma   risale al 12 luglio 1555, istituito con la Bolla papale Cum nimis absurdum, da Paolo IV, diventando tra il più antico al mondo, noto come il “serraglio degli ebrei”,

Con questa disposizione i diritti degli ebrei conquistati con i Romani e poi estesi come cittadini dall’Imperatore Caracalla, vengono rimossi e allontanati dai cattolici.

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Nasce a Roma il serraglio degli ebrei nella zona di Sant’Angelo, dove già risiede gran parte della comunità ebraica. Il Ghetto confina con il Tevere causando spesso problemi alle abitazioni, che tra l’altro per mancanza di spazio si sviluppano in altezza. Vivono praticamente ammassati circa 4000 persone, vessati e umiliati anche nelle feste e nei giochi. Il colore delle facciate assume strati diversi rispecchiando il livello della piena del fiume. Senza contare l’aspetto fatiscente per la mancanza di cura non essendoci commercio e vendite delle case.  Quarant’anni prima viene fondato il Ghetto a Venezia, dove gli ebrei anticipano la stessa sorte.

Le limitazioni anche a Roma non sono poche, viene imposto anche un segno riconoscibile per gli uomini con un berretto glauco e sempre dello stesso colore un segno per le donne. Non possono possedere immobili, spingendo gli ebrei ad accumulare oro e denaro e facendone degli usurai dalla cattiva fama. Gli stessi pontefici ricorrono a loro per i prestiti e viene concessa solo la vendita degli stracci.

Il ghetto inizialmente ha due porte fino ad arrivare a otto, che vengono chiuse la sera. Sono famose le prediche coatte imposte dalla chiesa con Gregorio XIII alla comunità, obbligati a presenziare ai sermoni ogni sabato. A cui gli ebrei reagiscono con l’uso della cera alle orecchie. In seguito Pio IX cancella questa usanza improduttiva.

Comunque, solo con la Rivoluzione Francese e Napoleone per un breve periodo vengono considerati liberi, in occasione della proclamata Prima Repubblica Romana. Ma la Restaurazione ripristina diritti e abusi allargando anche l’area di segregazione.

Sempre papa Pio IX nel 1848 elimina le mura e con l’Unità d’Italia e la presa di Roma nel 1870 il ghetto viene completamente abolito e gli ebrei considerati cittadini come tutti. Gli ebrei si spostano anche in altre zone, ma il ghetto resta un punto di riferimento per la comunità.

Nel 1888, l’area del ghetto viene modificata con il nuovo piano regolatore, eliminando antiche stradine, vecchi edifici fatiscenti privi di servizi igienici e costruiti nuovi spazi più ampi. A cui si aggiunge tra il 1901-1904 la nuova Sinagoga per la comunità.

Purtroppo con l’avvento del fascismo e le leggi razziali emanate nel 1938, gli ebrei sono di nuovo perseguitati e segregati. E il 16 ottobre 1943 le SS durante la notte deportano più di mille ebrei dal ghetto, di cui solo 16 fanno ritorno. Vengono coinvolti soprattutto gli abitanti del Portico d’Ottavia, caricati su un convoglio alla stazione Tiburtina e deportati ad Auschwitz. Quasi tutti a parte i pochi vengono annientati dai nazisti in un orrore sistematico e disumano.

La storia nel tempo però non sempre insegna né ai colpevoli né alle vittime, che restano chiusi, segregati nelle proprie idee, mondi e credi. Vittime non solo dell’altro ma anche di se stessi.

Gli abitanti del pianeta Auschwitz non avevano nomi. Non avevano né genitori né figli. Non si vestivano come si veste la gente qui. Non erano nati lì né li concepivano. Respiravano secondo le leggi di un’altra natura e non vivevano né morivano secondo le leggi di questo mondo. Il loro nome era Ka-Tzenik e la loro identità era quella del numero tatuato nella carne dell’avambraccio sinistro.” Testimonianza resa al processo Eichmann a Gerusalemme

Quando ero nel ghetto o in campo di concentramento – furono momenti terribili – ho incontrato delle persone che mi hanno dato un pezzo di pane, semplicemente un pezzo di pane. Ma quel tozzo di pane mi ha dato la speranza che gli uomini non sono tutte bestie e che vi è ancora luce nella storia.”
Aharon Appelfeld

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