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Elezioni politiche 2022: intervista a Norberto Fragiacomo, candidato per Unione Popolare

| 27 Agosto 2022 | POLITICA

Alle elezioni politiche del 25 settembre Risorgimento Socialista sarà presente, con l’appoggio alla lista Unione Popolare con De Magistris. Norberto Fragiacomo sarà candidato per Unione Popolare nella lista proporzionale per il Senato in Friuli Venezia Giulia.

Queste elezioni anticipate, con una campagna elettorale brevissima e l’obbligo della raccolta firme per le sole liste non rappresentate da un gruppo in parlamento, sono un dura prova per tutte le forze anti sistema. Qual è la posizione di Unione Popolare e in particolare di Risorgimento Socialista?

Più che una dura prova parlerei di una fatica improba, di un’impresa portata a termine (visto che le firme sono state consegnate da Unione Popolare addirittura in anticipo!) grazie all’impegno e all’abnegazione di tanti compagni e compagne che, in periodo agostano, hanno magari rinunciato alle sospirate ferie pur di conseguire lo scopo. Non era per niente scontato che ce la facessimo – più in generale voglio sottolineare che la previsione di un siffatto obbligo solo per alcune formazioni, visto che i partiti maggiori e quelli che sul mercato politico trovano un… padrino di battesimo ne sono esentati, costituisce uno degli aspetti più odiosi e antidemocratici di una legge elettorale di per sé pessima. Se vivessimo davvero in Democrazia tutte le formazioni, tutte le idee, tutte le proposte avrebbero diritto di cittadinanza e andrebbero sottoposte al giudizio degli elettori. Così non è: al “nuovo” si dà il benvenuto (vedi il caso della lista messa insieme da Di Maio in 5 minuti) solo se può fungere da puntello al sistema.

Aggiungo un ulteriore elemento di riflessione a proposito dei sondaggi. Non metto in dubbio la professionalità dei ricercatori, bensì la compatibilità dello strumento con una leale competizione democratica che dovrebbe svolgersi “ad armi” pari: non è forse vero che la pubblicazione settimanale, di questi tempi quasi quotidiana, delle intenzioni di voto influenza l’elettorato, spingendolo a preferire i partiti indicati come “grandi” a quelli “piccoli”, presentati già in partenza come privi di reali chance e dunque destinatari semmai di un “voto inutile”? I sondaggi sono (spesso, anche se non sempre) una profezia che si auto avvera, e rendono illusoria la parità delle armi fra i contendenti.

I principali partiti, o meglio quelli a cui i grandi mass media danno maggior spazio, litigano su alleanze e diritti civili, ma sui diritti sociali sembrano avere posizioni simili. Cosa proponete, come Risorgimento Socialista, per aiutare i lavoratori e i ceti meno abbienti?

L’apparenza stavolta non inganna: i partiti sistemici hanno sui diritti sociali posizioni simillime, nel senso che ritengono le garanzie e le tutele introdotte nel c.d. trentennio d’oro incompatibili con le esigenze e la strutturazione del sistema neoliberista cui pienamente aderiscono. Sotto questo punto di vista FdI e il PD sono gemelli siamesi: ambedue le formazioni si ergono a paladine degli interessi padronali, con la differenza che la destra dichiarata si schiera a difesa del piccolo/medio padronato nostrano mentre quella dissimulata, cioè la destra “progressista” dei Letta, Calenda ecc., è più attenta alle necessità delle lobby sovranazionali che spadroneggiano nell’Occidente americanizzato.

Cosa propone Risorgimento Socialista? Un cambio di sistema, è evidente: solo l’avvento del Socialismo e l’instaurazione di nuovi rapporti di forza tra le classi potranno ridisegnare il quadro. Nel breve termine, ovviamente, gli obiettivi non possono che essere limitati: bisogna battersi per il rafforzamento del reddito di cittadinanza, la fissazione di un salario minimo legale, la ripubblicizzazione dei servizi essenziali di ambito nazionale e locale, il ritorno a un’effettiva progressività fiscale, la messa fuorilegge delle delocalizzazioni selvagge motivate solo dalla brama di profitto (a Trieste è scoppiato in estate il caso della Wärtsilä, una multinazionale finlandese che dopo aver ricevuto negli anni cospicue sovvenzioni pubbliche dal Governo italiano ha deciso di punto in bianco di chiudere uno stabilimento in salute per continuare altrove la produzione), il ripristino dell’articolo 18 ecc. Qual è il messaggio? Che il neoliberismo non è un destino ineluttabile, che… there is an alternative!

La pandemia ha messo al centro dell’agenda politica la sanità. Che modello sanitario sostenete per il nostro Paese?

Il modello che, fosse stato mantenuto in piena efficienza (cioè adeguatamente finanziato) avrebbe impedito che una seria e perniciosa epidemia si trasformasse in una riedizione della peste trecentesca: quello pubblico, naturalmente. La mancanza di posti letto in terapia intensiva, oltre che di medici, infermieri e risorse (frutto dei tagli al personale e alle spese), e la decisa preferenza per la sanità privata – che è nient’altro che un business – hanno prodotto questa crisi, da cui non siamo affatto usciti, visto che i media (con molto pudore e quasi sussurrando) ci comunicano che in piena estate muore di Covid o con il Covid un centinaio abbondante di persone al giorno. La sanità deve essere pubblica e solo pubblica.

Qual è la vostra posizione sull’Unione Europea e come pensate di gestire gli aiuti economici del Pnrr?

L’Unione Europea attuale non è la realizzazione (magari parziale e imperfetta) dell’idea di Europa, bensì la sua negazione: per rendersene conto è sufficiente prendere in considerazione il destino inflitto alla Grecia, culla della nostra civiltà e ridotta alla disperazione dai suoi presunti partner. Vogliamo esempi meno “datati”? Eccone uno: le manovre speculative condotte in alcuni Paesi sul prezzo del gas, incentivate dai governi locali nel nome di interessi “particulari” che prevalgono su un principio di solidarietà intraeuropeo spesso enunciato, ma giammai messo in pratica. C’è bisogno di Europa? Certo che sì, ma non basta l’illusoria scorciatoia della manutenzione dell’esistente. Certe vecchie case ormai fatiscenti non sono restaurabili: tocca abbatterle per costruire nello stesso posto un edificio nuovo.

Il celebrato e salvifico Recovery è una panacea o un cappio, visto che si tratta in larga percentuale di denaro a prestito? Timeo Danaos et dona ferentes, dicevano una volta… Sul PNRR è difficile fornire una risposta concreta: a quanto ci narrano i media il taumaturgo Draghi ha fatto mirabilie (compresa la riprivatizzazione dei servizi pubblici con il DDL Concorrenza), ma l’impressione è che non si sappia ancora bene che farsene di queste risorse né come sfruttarle nei tempi UE, che sono ristretti. Per cosa li useremmo noi, se ci fossero? Per ricostruire lo Stato sociale smantellato nell’ultimo trentennio da destra e finta sinistra, e mi fermo qui.

L’Italia, come tutti i Paesi della Ue sembrano sempre più schiacciati su posizioni atlantiste, specie dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Risorgimento Socialista come si pone di fronte a uno scenario internazionale che da multipolare rischia di trasformarsi in bipolare?

L’Italia, al pari della generalità dei Paesi UE (ma con maggior “entusiasmo” rispetto a molti di loro), ha abbracciato la causa ucraina, cioè quella americana. Gli USA preparavano da anni il confronto con la Russia – vista come un competitore da neutralizzare – e hanno favorito, con continue provocazioni e l’assistenza britannica, l’esplodere di un conflitto che si sarebbe potuto ma non si è assolutamente voluto evitare. La propaganda di regime ripete pappagallescamente: c’è un aggressore e un aggredito!, e molta gente ci crede, perché le menti sono ormai addestrate ad accontentarsi di una realtà semplificata, in cui non c’è spazio per le sfumature. Le posizioni assunte dal nostro governo, totalmente subordinato ai padroni d’oltreoceano, danneggiano il Paese, che avrebbe dovuto rimanere equidistante anche per garantirsi un possibile ruolo di mediatore: niente da fare, la nostra classe politica non finge ormai nemmeno più di volersi ritagliare uno spazio di autonomia, si accontenta di amministrare il protettorato. D’altra parte solo un’Europa forte e unita (la “casa nuova” cui accennavo prima!) potrebbe scrollarsi di dosso il giogo americano, acquisendo un ruolo da protagonista (e pacificatore) nelle relazioni internazionali.

Cosa significa essere socialisti nel 2022? E perché c’è ancora bisogno di socialismo?

Cosa significa? Significa credere che tutti gli essere umani hanno pari dignità, che la ricchezza va suddivisa equamente – che in alternativa alla presente barbarie un altro mondo (magari non perfetto, ma meno ingiusto) è possibile. Il Socialismo è e resta una scommessa sulla nobiltà dell’uomo.

Dopo voto, sia in caso di buon risultato per Unione Popolare, sia in caso di sconfitta, quale saranno le battaglie politiche che vedranno attivo Risorgimento Socialista?

Mi ripeto: quelle per l’edificazione di una società meno ingiusta, meno ipocrita: in parole povere di una democrazia reale e non meramente rappresentata.

TAG: elezioni, elezioni 2022, elezioni politiche, Italia, Luigi de Magistris, politica, Risorgimento Socialista, Senato, Senatore, sinistra, socialismo, socialisti, Unione Popolare
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