
Dalla Guerra dei Selvaggi, alla guerra dei Popoli e delle Idee
La guerra è un trittico che si snoda nei meandri dei tempi, dei millenni.
Riguarda, infatti, i conflitti tra popolazioni quasi animalesche, ancestrali, per il controllo del territorio, delle prede da mangiare e delle compagne da conquistare, per procrastinare la specie.
Per la salvaguardia del nucleo familiare e della stirpe.
Darwin nei suoi scritti ricordava, non senza un tormento interiore:
Probabilemnte un concetto che nutriva verso le specie animali, di cui era abile osservatore.
Fors’anche della specie umana.
Col progredire della civiltà, della cultura, del sapere , non sempre dell’intelligenza razionale, si assiste ad un’evoluzione del concetto di evento bellico.
Dicevano bene i Romani “Parcere subiectos et debellare superbos”, tolleranti con chi si sottomette ed inflessibili con i rivoltosi.
In altre parole, allo stesso modo, ” Divide et impera”, quasi a sottolineare come il frazionamento indebolisca uno Stato grande, un nemico potente.
Dividi e Comanda.
Il concetto di Guerra e la speranza nella Pace
Nella filosofia medievale ma sopratutto in quella settecentesca, questo rifiuto delle barbarie appare chiaro in alcuni pensatori.
Nel Medioevo, sulla scorta di poeti e storici di estrema fama, la Guerra veniva vista come un atto eroico, nelle more del popolo come il Cavaliere dallo scudo argentato che salva la Principessa imprigionata nella torre.
Bello, nei film più riusciti.
Nel volume curato da Johannes Kunisch e Herfried Münkler Die Wiedergeburt des Krieges aus dem Geist der Revolution viene esaminato il discorso bellico elaborato in Germania tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo.
” La Rivoluzione francese e l’esperienza napoleonica determinarono un radicale mutamento intorno a questo tema e nel giro di pochi decenni i progetti illuministici di pace furono sostituiti da un atteggiamento giustificatorio, quando non di esaltazione nei confronti della guerra.”
Questa la considerazione di Giovanni Gerardi, nella prefazione del saggio presso la Rivista di Filosofia del Diritto internazionale e della politica Geoglobale.
Appare quindi evidente che l’approccio al conflitto sia visto, nell’età moderna, non come un’eventualità, ma come un corollario al normale dispiegarsi delle vicende umane.
Illuminismo e spada
Uno dei più famosi filosofi dell’Illuminismo, Emmanuel Kant, scriveva nel suo saggio “per la Pace perpetua del 1797”, un appello accorato contro lo Stato Dittatore contro lo Stato libero o liberale.
A tale proposito si ricorda un famoso passo: “
“Lo stato di pace tra gli uomini, che vivono gli uni accanto agli altri, non è certo uno stato di natura (status naturalis), il quale è invece uno stato di guerra, nel senso che, sebbene non vi siano ostilità continuamente aperte, ve n’è tuttavia sempre la minaccia.” (Per la pace perpetua, 1797, Op cit.).
Di Erasmo la prima critica approfondita alla guerra e il suo appello: “la guerra cambia gli uomini in bestie feroci… io non esorto e non prego: imploro. Cercate la pace”.
Utile un approfondimento:” Erasmo da Rotterdam, Contro la guerra, a cura di F.Gaeta, L’Aquila”.
Sembra quasi inutile citare Voltaire, il filosofo della tolleranza e della pace, ma poi quale nelle sue more?;
Tant’è ebbe modo a dire:
Voltaire riteneva che le peggiori disgrazie del mondo fossero la carestia, la peste e la guerra. Ma mentre le prime due “ci vengono dalla provvidenza”, sostiene nel suo “Dictionnaire philosophique” del 1764, “la guerra, che riunisce tutti questi doni, ci viene dall’inventiva di tre o quattrocento persone sparse sulla superficie del globo sotto il nome di prìncipi o di governanti”. E aggiunge sarcastico: “Non c’è dubbio che sia una bellissima arte, quella che devasta le campagne, distrugge le abitazioni e fa crepare, normalmente, in un anno, quarantamila uomini su centomila (…).
Si veda, a tal proposito Trattato sulla Tolleranza. (Op. cit.)
Si può così vedere come nel mondo Panellenico ed Ellenico, forse avvezzo troppo ad eroismi e battaglie legate al mito, al “ MIthos” si contrapponga un netto rifiuto del “bellico” in età contemporanea.
Eppure simo ancora qua a discuterne.