Andrea Serrani, il ristoratore marchigiano tifoso della Fiorentina che il 27 novembre scorso ha palpeggiato in diretta tv la giornalista sportiva Greta Beccaglia, ha subito una pesante shit storm sul suo profilo Facebook. La storia è nota ai più: all’uscita dalla stadio dopo aver assistito all’incontro Empoli-Fiorentina, il tifoso viola ha pensato bene di sputarsi sulla mano per poi assestare una pacca sul sedere alla giornalista.
La pacca sul sedere, per chi come me ha quasi la stessa età di Serrani, è sempre stata vista come una becera goliardata se fatta a una conoscente o come un gesto maleducato, ma in alcuni casi ahimè funzionale all’abbordaggio, se fatto a una sconosciuta. In nessun caso lo abbiamo giudicato una molestia. La storia è cambiata e sta a noi maschi capirlo. Come ha osservato qualcuno, forse serviva un gesto così plateale, ripreso dalle telecamere, per far capire a tutti che “ora non si può più”. A meno che non lo si faccia con la propria compagna o con una donna consenziente. Chi lo farà senza consenso ne risponderà in sede giudiziaria, come sta avvenendo per Serrani, denunciato dalla giornalista.
In tanti sono andati a cercare in rete i profili social dei due. Andrea Scanzi ha fatto un’analisi sul profilo di Serrani. È un simpatizzante di destra, ma non la più becera (non ci sono insulti a stranieri o apologia di fascismo). Serrani celebra le Forze Armate, contesta il reddito di cittadinanza e i 5 Stelle: sembra un qualsiasi elettore di Fratelli d’Italia, in una regione, le Marche, dove il partito di Giorgia Meloni è molto forte.
Tutto questo però non giustifica le migliaia di persone che si sono fiondate sulla pagina Facebook del ristoratore per insultarlo in ogni modo. Sotto i post del suo ristorante ho potuto leggere più di mille commenti che non facevano riferimento ai piatti, ma insulti e minacce. Come sotto la foto della laurea della nipote del Serrani, dove in molti hanno invitato la ragazza a rompere ogni rapporto con lo zio. Shit storm simili le ho viste anche nei confronti di assassini e in ogni caso mi portano a una domanda: “Perché?”. Vi migliora la vita insultare sul suo profilo social un pirla che ha palpeggiato in diretta televisiva una donna che stava semplicemente lavorando? È di aiuto a Greta Beccaglia? No, si tratta di un comportamento da leoni da tastiera che al limite rende vittima, di un linciaggio social, il carnefice.
Molte donne, seppur minoritarie, hanno solidarizzato con Serrani, organizzando pure una cena al suo ristorante. Trenta donne, pur riconoscendo l’errore del tifoso ed esprimendo solidarietà alla Beccaglia, hanno cenato al Ranocchiaro di Chiaravalle (AN) in solidarietà al palpeggiatore.
Ci sono donne a cui la pacca sul sedere piace e in alcuni casi la desiderano. È la libertà. Difatti ogni donna (e pure ogni uomo) deve essere libera/o di poter dire sì o no alla pacca sul sedere. E se una donna accetta volentieri la pacca sul sedere da tizio, non è detto che la accetti anche da caio. Greta Beccaglia ovviamente non voleva una pacca sul sedere da uno sconosciuto mentre stava lavorando e ha tutto il diritto di ricorrere a vie legali, indipendentemente dal fatto che possa aver accettato un comportamento simile da parte di un suo conoscente: è il suo corpo e spetta a lei decidere. Questo va spiegato a coloro che hanno diffuso sul web una foto dove la stessa giornalista non si opponeva alla mano di Luciano Moggi appoggiata sui suoi fianchi.
Al limite ci sarebbe da interrogarsi se questo proliferare sulle tv private di giornaliste donne, giovani, attraenti e spesso in abiti succinti sia una forma di emancipazione femminile all’interno di uno sport, il calcio, percepito come storicamente maschile o se non sia l’ennesima sottomissione ipocrita a un maschilismo televisivo dominante. Il pubblico del calcio è in maggioranza maschile ed eterosessuale e allora, lo penso io ma non solo, non potendo più ricorrere al vecchio espediente della valletta, si elevano giovani ragazze ambiziose al rango di giornaliste, il cui principale merito non è però l’analisi calcistica ma lo stacco di coscia o la scollatura mostrati negli studi televisivi.
Abbiamo quindi un nugolo di showgirl mascherate da giornaliste, molto attente a fare foto piccanti sui propri social per la gioia di tanti maschietti sbavanti. Questo sistema toglie dal mercato del giornalismo calcistico (ma vale anche per altri settori) giornaliste valide ma non abbastanza attraenti e rischia di fare un calderone comune tra le belle giornaliste competenti (ed è il caso di Greta Beccaglia) e quelle che invece sono delle semplici vallette o influencer. Se non sei attraente in diversi ambiti lavorativi, tra cui il giornalismo sportivo, vieni discriminata. In pochi parlano della discriminazione basata sull’aspetto fisico.
Diletta Leotta, per fare il nome più celebre, non è una giornalista. È una showgirl con milioni di follower, in prevalenza maschi, che di lei ammirano il corpo, non le sue interviste. Ma per una Diletta a bordo campo, consapevole di essere lì per arrapare il tifoso maschio medio (ha costruito la sua carriera sul suo essere oggetto del desiderio), c’è una o un giornalista competente che non lavorerà a Dazn. Questa tv privata difatti preferisce il corpo rifatto dagli zigomi al sedere della Leotta alla competenza di un bravo o di una brava cronista sportiva.
Lo stesso ragionamento lo ha fatto Alessandra De Stefano, attuale direttrice (la prima donna) di Rai Sport. In un’intervista, la giornalista napoletana ha voluto porre l’attenzione proprio sull’ipocrisia del mondo televisivo che segue il calcio. Utilizzare solo belle ragazze come specchietto per le allodole non è un buon modo per valorizzare il lavoro femminile in ambiti storicamente a dominio maschile. La De Stefano viene dal ciclismo e ha fatto carriera in un altro ambito lavorativo storicamente dominato dagli uomini. Ha raccontato che da giovane si vestiva il meno appariscente possibile, per non apparire piacente e per essere apprezzata esclusivamente per i suoi servizi sul ciclismo. È un discorso che può non piacere, ma proviene da una donna che ha raggiunto i vertici del giornalismo sportivo.
Il mondo è cambiato negli ultimi decenni. In “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto” di Lina Wertmuller il proletario Giancarlo Giannini poteva prendere a schiaffoni la borghese Mariangela Melato e poi farci l’amore. Oggi un uomo che mena una donna ne deve pagare le conseguenze penali. Finalmente abbiamo donne che parlano e scrivono di calcio, ciclismo, pugilato, motori, caccia e pesca. Queste donne vanno valorizzate, indipendentemente dal loro aspetto fisico. Poi ci sono le soubrette: sorridenti, scosciate, scollate, utili per far vedere due belle gambe e due belle tette. Ma il giornalismo è un’altra cosa.