C’è una metodica nel supporre fatti e misfatti all’interno di una certa società contemporanea, che introduce un sincronismo di elementi pronti ad essere analizzati minuziosamente per poter dare la giusta collocazione agli eventi. Infatti è quel lavoro, appunto minuzioso, delle procure e dei procuratori che hanno la facoltà di investigare affinché la verità prenda forma. Ma c’è un altro aspetto molto importante che deve essere assolutamente definitivo per la conclusione di una indagine, che non riguarda esclusivamente la parte imputata ma anche la parte lesa; almeno questo per quanto riguarda un’indagine giornalistica…
E quando si assume la titolarità di un’inchiesta giornalistica, subito dopo la si etichetta come diffamazione a mezzo stampa. Atteggiamento, tra l’altro, tipicamente di chi si sente immune sapendo di avere una notorietà così elevata da pretende il suffragio mediatico. E ci riesce! Il gioco viene facile specialmente quando a portare avanti determinate inchieste giornalistiche sono quei giornaletti di serie B, quelli che non hanno mai chiesto uno spicciolo di finanziamento pubblico, insomma: giornali che si impegnano con i pochi mezzi a disposizione e senza rendersene conto, magari, scoprono di aver scoperchiato il Vaso di Pandora. E i giornaloni di serie A…?
Sebbene tutte le inchieste giornalistiche si basano su fatti oggettivamente documentati, il più delle volte l’inspiegabile riluttanza degli organi di competenza, i media, si pongono la domanda di quanto possa essere di risonanza l’inchiesta; una sorta di classificazione di chi scrive e quale giornale lo pubblica.
Il mestiere di giornalista, si sa, in primis nella sua completezza nasce dalla passione poi automaticamente si trasforma in un lavoro, a volte sotto pagato, ma resta pur sempre un lavoro che solo in rari casi viene gratificato dalla riconoscenza. Il giornalista è colui che mette in evidenza i fatti davanti a gli occhi dell’opinione pubblica, di conseguenza diventa intollerabile non rispettare l’informazione; anche quelle che ci sembrano poco piacevoli. E’ nostro dovere informare il lettore di quanto gli sta accadendo intorno, specialmente quando determinate congetture sono architettate per confondere o deviare la verità. Qui non si tratta di incoronare il giornalista più bravo o quello più accreditato ma bensì la legittimità della notizia, e questo vale anche per la testata giornalistica.
Allora mi chiedo quanto possa contare la firma di un giornalista se lo stesso organo nazionale che lo integra non dispone la sua tutela? Quanto vale realmente la libertà di stampa in un paese repubblicano? Domande che pongono una seria di riflessioni e che allo stesso tempo evidenziano la classica metodica di classificazione.