
La tregua è siglata, resta da capire quanto reggerà e con quali effetti. Il ministro Giancarlo Giorgetti ha votato la linea politica del segretario Matteo Salvini nonostante non fosse d’accordo proprio su tutto. Posizionamento europeo in primis. Cinque ore di collegio federale della Lega raccontano di un confronto ampio che espone i mal di pancia che esistono nel partito.
L’ultima intervista di Giorgetti è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, ma, spiegano leghisti vicini al ministro, niente di nuovo rispetto a concetti che il vicesegretario va ripetendo da tempo. Anche a Salvini, ribadiscono. Ma il segretario ascolta tutti e poi decide. E’ lo stesso Salvini a dirlo ancora prima di iniziare il federale.
Che finisse senza arrivare alla rottura era nell’aria. Le tensioni ci sono, è innegabile, esiste un’ala più governista, più europeista nel partito e di certo Giorgetti e i governatori ne sono l’incarnazione. Ma da lì a pensare che Giorgetti possa scorporare un pezzo del partito ce ne passa. Anche perché, ed è lui stesso ad ammetterlo, Salvini ha una sua spiccata forza elettorale.
A ciascuno il suo ruolo quindi. Uno dentro le istituzioni, l’altro fuori. E a ciascuno il suo elettorato, in un gioco di ruoli dall’equilibrio imperfetto. Ma alla fine, è la somma che fa il risultato.
Che Salvini non avesse nulla da temere per la sua leadership era ed è chiaro a chiunque, ciò che gli viene rimproverato è di non essere sempre disposto all’ascolto e alle scelte condivise. Uno stile di leadership che lo stesso Giorgetti conosce. Tregua, dunque, in vista dell’assemblea programmatica di metà dicembre. Quando saremo a un passo dalla grande partita per il Quirinale.