
Molti scienziati già nel marzo del 2020 avevano sospettato dell’origine naturale del Covid-19. Alcuni giornalisti attraverso dati e dichiarazioni avevano divulgato articoli e interviste per cercare di capire la verità di questa strana storia. Entrambi furono messi a tacere e con il nome complottista partì una nuova etichetta da dare a chiunque potesse fare delle domande scomode.
Ad oggi l’indagine sull’origine del coronavirus si arricchisce di un nuovo elemento a sostegno dell’ipotesi della fuga del virus da un laboratorio di Wuhan. A fornirlo è un documentario televisivo mandato in onda da Channel 4, in cui si forniscono nuove “prove”. Se confermato, l’errore umano sarebbe “l’equivalente biologico di Chernobyl o di Hiroshima per la comunità delle scienze della vita”, ha affermato Filippa Lentzos, esperta di biosicurezza.
Il documentario prende in esame gli studi della professoressa Shi Zhengli, esperto di coronavirus veicolati dai pipistrelli e direttore di un Centro di ricerca del Wuhan Institute of Virology. Dal pipistrello alla modifica genetica – L’ipotesi è che il coronavirus di un pipistrello, che ha ucciso tre minatori nel sud della Cina, potrebbe essere stato successivamente modificato geneticamente in laboratorio. Per poi venire trasmesso agli operatori di laboratorio.
Il mistero del nome del virus “cambiato” a Wuhan – Nel settembre 2019, settimane prima dei primi casi confermati di Covid-19, il database del Wuhan Institute of Virology di 22mila campioni e sequenze, inclusa la più grande raccolta al mondo di coronavirus di pipistrello, è stato reso inaccessibile, impedendo controlli esterni. Nel febbraio 2020, la dottoressa Shi ha annunciato di aver scoperto un coronavirus di pipistrello, etichettato RaTG13, che aveva una somiglianza del 96,2% con il Sars-Cov2.
Il genoma RaTG13 è stato dunque caricato su GenBank, un database globale del genoma. La dottoressa Rossana Segreto, una biologa molecolare, ha trovato una corrispondenza al 100% tra RaTG13 e un campione di coronavirus di pipistrello raccolto anni prima da Shi, etichettato 4991. Poiché 4991 sembrava contenere la chiave per rintracciare l’origine del Covid-19, alcuni si sono chiesti perché il suo nome fosse stato cambiato.
Qualche mese fa proprio i leader del G7 avevano chiesto all’Oms un’indagine nuova e trasparente sulle origini del coronavirus. Al vaglio la possibilità che il virus, più che in un mercato, sia nato in un laboratorio di Wuhan e che si sia diffuso a causa di un incidente. Inoltre, il Washington Post aveva affermato che due anni prima che scoppiasse la pandemia diplomatici dell’ambasciata americana a Pechino visitarono diverse volte l’istituto di virologia di Wuhan (Wiv) e rimasero così preoccupati da mandare a Washington due “cable” (sensibili ma non classificati) ammonendo sulle inadeguate condizioni di sicurezza del laboratorio, che conduceva rischiose ricerche sui pipistrelli.
L’appello cadde nel vuoto. Intanto, nel silenzio degli organi d’informazione, sempre ad aprile del 2020 ilFormat è stato tra i primi a pubblicare la notizia dell’arresto del Professor Charles Lieber, presidente del Dipartimento di Chimica e Biologia Chimica dell’Università di Harvard, per aver intascato 1,5 milioni di dollari dai cinesi per aver fornito segretamente il suo aiuto a creare una ricerca in un laboratorio. Coincidenza vuole che il laboratorio in questione ha sede nella città cinese di Wuhan, epicentro della epidemia da Coronavirus.
Il Prof. Lieber è accusato dal Dipartimento della Giustizia americano per aver mentito sulla sua partecipazione al Piano dei Mille Talenti in Cina, che si rivolge a scienziati e ricercatori stranieri disposti a portare la loro esperienza in Cina in cambio di finanziamenti per le ricerche di laboratorio. Il Prof. Lieber è anche accusato di mentire in merito a un contratto redditizio che ha firmato con l’Università di Tecnologia di Wuhan e aver guidato un gruppo di ricerca di Harvard, incentrato sulle nanoscienze, apparentemente sconosciuto alla stessa università statunitense.
Il lavoro del Prof. Lieber spaziava dalla ricerca di nuovi progetti per produrre materiali in nanoscala fino alla creazione di sensori nanoelettronici, e allo sviluppo di “tessuti cyborg”, che avrebbero integrato i dispositivi nanoelettronici nel tessuto sintetico. In un nuovo articolo scientifico di 22 pagine, ottenuto in esclusiva dal DailyMail.com, lo scienziato norvegese Birger Sørensen e il professore britannico Angus Dalgleish hanno concluso che il “SARS-Coronavirus-2 non ha un’origine naturale credibile”. E quindi, “oltre ogni ragionevole dubbio” il virus è stato creato attraverso una “manipolazione di laboratorio”.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica Quarterly Review of Biophysics Discovery. Si tratta di una rivista presieduta da importanti scienziati della Stanford University e dell’Università di Dundee. Il report è destinato a fare scalpore nella comunità scientifica, dato che finora la maggior parte degli esperti ha negato fermamente fa che le origini del COVID-19 fossero artificiali.
L’Oms ha teorizzato invece che fosse un virus naturale passato dagli animali all’uomo. Durante l’analisi dei campioni di COVID-19 l’anno scorso, nel tentativo di creare un vaccino, Dalgleish e Sørensen affermano di aver scoperto “impronte digitali uniche” nel virus. Impronte che, secondo loro, potrebbero essere scaturite solo dalla manipolazione in laboratorio.