In vista del Consiglio dei Ministri di domani che prevede parte della discussione su green pass e vaccini a lavoro, ad intervenire con una proposta al governo è stato il leader della Cisl Luigi Sbarra.
“Abbiamo proposto al presidente Draghi di implementare e rafforzare i protocolli già sottoscritti con le associazioni datoriali e finalizzati da un lato all’applicazione delle misure di sicurezza, dalle mascherine al distanziamento, sulle quali non deve esserci alcun cedimento, e dall’altro alla campagna di vaccinazione nei luoghi di lavoro”. E se si era parlato di 7mila aziende pronte a fare i vaccini, Sbarra ravvisa “che finora sono meno di mille, un risultato ampiamente sotto le attese. Non c’è stato il necessario impegno da parte di tutte le aziende. Adesso dobbiamo cambiare passo e aprire molti più punti di vaccinazione nei luoghi di lavoro. Inoltre, dobbiamo rafforzare tutte le iniziative di informazione a favore dei vaccini, che, ne siamo assolutamente convinti, sono lo strumento col quale si batte il Covid”.
“Noi abbiamo dato a Draghi la massima disponibilità a un confronto con le associazioni imprenditoriali per migliorare i protocolli. Grazie ad essi, infatti, -afferma ancora Sbarra– non abbiamo registrato focolai di coronavirus nelle aziende né un tasso di contagi superiore. Si tratta di dati confortanti che mi portano anche a concludere che un eventuale obbligo per legge del vaccino non potrebbe essere limitato ai soli luoghi di lavoro. Ma, ripeto, quello che noi proponiamo è di lavorare innanzitutto per migliorare i protocolli con le associazioni imprenditoriali, perché si può fare ancora molto”.
Anche il M5s con Conte avrebbe una posizione netta sui vaccini: “Due giorni di ferie per i lavoratori dell’azienda che si vaccinano, ma le regole lo vietano ha dichiarato alle agenzie stampa. L’azienda decide, così, di prendere risoluzioni concrete in merito al tema vaccini, andando in una direzione basata sull’etica e sul diritto alla salute dei proprio dipendenti. La decisione del ceo Massimiliano Squillace, imprenditore seriale di aziende in ambito comunicazione e digital con alle spalle 5 exit e una ormai consolidata expertise internazionale, per spronare e accelerare l’immunizzazione dei dipendenti decide di offrire un giorno di ferie che coincide con il giorno del vaccino e un secondo con il giorno successivo al vaccino. La motivazione è semplice: incentivare il vaccino e dare la possibilità a chi manifestasse eventuali sintomi di malessere e spossatezza legati all’iniezione, di potersi riprendere e riposare. Non esiste alcuna legge in questo momento storico – spiega ancora Conte – che tuteli un diritto simile”.
Non sono previsti, infatti, ‘permessi speciali’ per il Covid-19, dato che, quella di vaccinarsi, è una scelta personale e non risponde a un obbligo normativo. Attualmente i dipendenti di un’azienda sono costretti a richiedere ore di permesso o giorni di ferie quando la data del vaccino è prevista in una giornata lavorativa, una direzione evidentemente opposta a tutte le attenzioni al work-life balance, la capacità di conciliare la sfera lavorativa con quella privata, uno degli elementi più efficaci del benessere del lavoratore. La base della scelta di Conte è stata soprattutto questa ingiustizia, o meglio paradosso. La decisione di dare due giorni di ferie ai lavoratori di Contents per il vaccino, ha però incontrato non pochi ostacoli nella sua attuazione. A dire no sono stati alcuni consulenti del lavoro dell’azienda.
Per il segretario generale della Fesica Bruno Mariani, che fa eco a quanto affermato dalla Confsal di Angelo Raffaele Margiotta, “la salute non può essere messa a repentaglio da chi non intende vaccinarsi. Affinché si raggiunga l’immunità di gregge ed a tutela della sicurezza nei luoghi di lavoro – spiega – la vaccinazione è fondamentale, ma siamo dell’idea che il rifiuto non debba dar luogo al licenziamento, ma bensì alla sospensione del rapporto di lavoro fino a quando la mancata immunizzazione determinerà una situazione di pericolo per la salute degli altri colleghi. Ad ogni modo, se si invoca alla libertà individuale di non vaccinarsi in ‘punta di diritto’, l’alternativa potrebbe essere rappresentata dall’obbligo quotidiano dei tamponi antigenici prima di andare a lavoro”.
Sul tema delicato il Corriere Economia pochi giorni fa aveva chiesto al Professore Pietro Ichino se non sarebbe meglio decidere l’obbligo di vaccino per tutti, visto che Costituzione lo permetterebbe. “Certo questa sarebbe la scelta che garantirebbe il massimo di efficacia nella lotta alla pandemia – ha risposto sicuro il giuslavorista, ex parlamentare ed ex sindacalista- . Però un contemperamento ragionevole tra il valore della sicurezza e quello della libertà della persona può consistere per il legislatore nel limitarsi a imporre il green pass per l’accesso ai luoghi di lavoro, ai mezzi di trasporto, in generale ai luoghi chiusi frequentati anche da altre persone. Libero ciascuno di non vaccinarsi, ma non di mettere a rischio di contagio gli altri, ha poi concluso”.