
Continua la polemica presidenziale di Ankara dove pare che sia diventato uno scontro diplomatico tra Italia e la Turchia. Pare che la “stoccata” di Mario Draghi sia andata di traverso all’imperatore turco Recep Tayyip Erdogan. Il caso è diventato così compromettente che l’ambasciatore italiano è stato convocato.
Tutto è nato durante la visita della delegazione Ue nella capitale turca, martedì 6 aprile, quando il padrone di casa Erdogan ha fatto sedere accanto a lui il presidente del Consiglio Ue Charles Michel, lasciando su un divano Ursula von der Leyen, presidente della Commissione.
L’episodio ha fatto il giro del mondo e ha scatenato molte critiche.
Il premier Draghi, giovedì, aveva usato parole dure sulla vicenda. “Non condivido assolutamente Erdogan, credo che non sia stato un comportamento appropriato. Mi è dispiaciuto moltissimo per l’umiliazione che la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha dovuto subire”, ha premesso il presidente del Consiglio, per poi aggiungere: “Con questi dittatori, chiamiamoli per quello che sono”, ha sottolineato Draghi, “di cui però si ha bisogno, uno deve essere franco nell’esprimere la propria diversità di vedute e di visioni della società; e deve essere anche pronto a cooperare per assicurare gli interessi del proprio Paese. Bisogna trovare il giusto equilibrio”.
Su queste affermazioni si sono scatenati pesanti reazioni in Turchia. L’ambasciatore italiano ad Ankara, Massimo Gaiani, è stato convocato in tarda serata al ministero degli esteri turco, dove il capo della diplomazia Cavusoglu gli ha espresso tutto il suo disappunto: “Condanniamo con forza le affermazioni senza controllo del primo ministro italiano nominato Mario Draghi sul nostro presidente eletto Recep Tayyip Erdogan”, ha detto. Le dichiarazioni di Draghi mostrano una “inaccettabile retorica populista”, ha scritto poi su Twitter il ministro degli Esteri turco. “Respingiamo al mittente queste affermazioni brutte e incontrollate”. All’ambasciatore italiano ad Ankara “è stato sottolineato che ci aspettiamo che queste brutte e sfacciate affermazioni che non sono conformi allo spirito di amicizia e di alleanza tra Italia e Turchia, vengano immediatamente ritirate”. In una nota si entra poi nel merito della vicenda del Sofagate: “Nessuno può mettere in dubbio l’ospitalità della Turchia. Il nostro Paese – si legge – non prenderà parte a una insensata e maliziosa discussione all’interno dell’Ue” e giudica “vani i tentativi di danneggiare l’agenda positiva tra Turchia e Ue”.
E qui si scatena, inevitabilmente, un tentativo di contrattaccare con vecchi cimeli storici. Ad alzare ancora la tensione sono arrivate le parole del vice-leader dell’Akp del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, Numan Kurtulmus, che ha detto: “Da noi non ci sono dittatori. Se volete vedere un dittatore, guardate alla vostra storia. Guardate Mussolini”.
Il capo della comunicazione della Presidenza di Ankara, Fahrettin Altun, in un messaggio in italiano, ha rincarato la dose: “Il primo ministro nominato d’Italia ha superato i limiti definendo come “dittatore” Recep Tayyip Erdogan, che è stato eletto Presidente dal popolo turco con il 52%. Condanniamo fermamente questo stile, che non ha posto nella diplomazia. Chi cerca il dittatore guardi alla storia d’Italia”.
Il ministro degli esteri Luigi Di Maio gioved’ sera sera ha spiegato: “Sto per sentire Draghi e concorderemo tutte le iniziative”. All’osservazione che Erdogan non era stato “gentile” a lasciare senza sedia la presidente della Commissione europea, Di Maio ha replicato: “Prima ancora del protocollo si tratta di un minimo di galanteria”.
In Italia il fronte anti Erdogan è bipartisan. Il leader della Lega, Matteo Salvini dice: “La Turchia è un rischio ai nostri confini: sta ricattando l’Europa e un’Europa con un po’ di spina dorsale non può subire ricatti di chi usa milioni di rifugiati per portare a casa miliardi di euro”.
Da Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni spiega: “Denunciamo da anni la deriva autoritaria e islamista della Turchia di Erdogan e chiediamo alla Ue di ritirare ad Ankara lo status di Paese candidato. Bene le parole ferme e chiare del presidente Draghi. Pretendiamo rispetto”.
Ma chi se ne frega!