“Il 10 marzo di un anno fa l’Italia si chiudeva diventando per la prima volta una grande zona rossa. Mai avremmo pensato che un anno dopo ci saremmo trovati a fronteggiare un’emergenza analoga”. Ѐ quanto abbiamo pensato almeno una volta in questi giorni, amareggiandoci per i cari persi, morti nella solitudine di nosocomi che si sono trasformati in ospedali da guerra, per tutti gli ammalati che non si sa ancora se usciranno da questo incubo; dispiacendoci per quella fetta di vita che i ragazzini non ritroveranno mai più, perché costretti a rimanere a casa il più delle volte ed abituandosi ad una scuola a distanza con tanto di barriere umane che non dimenticheranno a vita.
Il premier rinnova il suo appello all’unità del Paese, utilizzando toni simili a quelli pronunciati in Parlamento in occasione del voto di fiducia: “Questo non è il momento di dividerci – dice – o di riaffermare le nostre identità. Ma è il momento di dare una risposta alle tante persone che soffrono per la crisi economica, che rischiano di perdere il posto di lavoro, di combattere le disuguaglianze”. Solo in un anno “il numero degli italiani che vivono in una situazione di povertà assoluta è aumentato di oltre un milione, mentre si sono acuite altre disparità, prima fra tutte quella tra donne e uomini”.
Ѐ una vera e propria guerra, quella che stiamo combattendo ed è sacrosanto invitare i cittadini a lottare compatti, per quanto ciò sia possibile, dal momento che il virus ci ha costretti alla distanza umana, privandoci dei contatti che tanto ci mancano.
Draghi parla infine della ennesima stretta cui saremo costretti, visto il nuovo peggioramento dell’emergenza sanitaria. L’incubo, dunque, non è affatto finito, anzi. La sola speranza è rappresentata dai vaccini e, per chi crede, dalla preghiera.