
Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha firmato l’ordinanza con cui si rinvia la riapertura degli impianti sciistici al 18 gennaio 2021, rispetto alla precedente data del 7 gennaio. Lo rende noto il ministero della Salute.
Nei giorni scorsi le regioni e le province autonome avevano chiesto, attraverso una lettera del presidente della conferenza Stefano Bonaccini, un rinvio della riapertura in vista di un allineamento delle linee guida al parere espresso dal Comitato tecnico-scientifico.
A fine dicembre il Cts aveva inviato una serie di osservazioni alle Regioni riguardo al protocollo messo a punto a fine novembre: ha chiesto, prima di tutto, che venga reso più aderente al sistema della divisione in fasce dell’Italia previsto dall’attuale normativa.
“Grazie al lavoro di squadra delle Regioni e delle Province autonome iniziato in Commissione Turismo abbiamo finalmente una data di apertura credibile e seria: il 18 gennaio. Ora si può finalmente ripartire in sicurezza”, sostengono in un comunicato congiunto gli assessori con delega allo sci delle Regioni e Province autonome dell’arco alpinooltre che della Regione Abruzzo. “Il Governo ha finalmente ascoltato le Regioni e le Province autonome: siamo soddisfatti della decisione del Ministro Speranza”, aggiungono.
“Oltre all’approvazione del protocollo, per cui aspettiamo la definitiva validazione del Cts, avevamo chiesto una data certa per permettere all’intero mondo della montagna invernale di prepararsi a dovere”, proseguono gli assessori.
Il comunicato è stato diffuso in Lombardia dall’assessore allo Sport e giovani Martina Cambiaghi.
È stato condiviso anche da Fabrizio Ricca, assessore allo Sport della Regione Piemonte, Luigi Giovanni Bertschy, vicepresidente della Regione Autonoma Valle d’Aosta, Federico Caner, assessore al Turismo della Regione Veneto, Daniel Alfreider, vicepresidente della Provincia Autonoma di Bolzano, Roberto Failoni, assessore al Turismo della Provincia Autonoma di Trento, Sergio Bini, assessore al Turismo della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Daniele D’Amario, assessore al Turismo Regione Abruzzo.
Ristori per lavoratori e aziende, è intanto quanto chiedono operatori e amministratori delle Regioni dell’arco alpino, dal Trentino alla Valle d’Aosta.
“Adesso serve certezza”, commenta l’assessore al Turismo della Provincia autonoma di Trento, Roberto Failoni. “C’è stato un segnale di grande responsabilità delle Regioni con l’approvazione del protocollo impianti che ha recepito i suggerimenti del Cts. E penso di poter dire che le Regioni hanno fatto anche un assist all’esecutivo, perché in teoria si doveva ripartire il 7 gennaio”.
“Una cosa deve essere chiara – aggiunge Failoni -: il mondo della montagna invernale non si organizza in 24 ore e soprattutto i lavoratori e le aziende hanno diritto di avere delle risposte rapide. Anche sul versante dei ristori”.
Riguardo alla concorrenza a livello europeo, con gli impianti aperti in Austria, c’è la preoccupazione che forza lavoro qualificata – persone con le patenti per far funzionare gli impianti, i maestri di sci, che non lavorano da marzo – vada altrove a cercare reddito. Senza contare l’indotto, il personale dei ristoranti e degli alberghi, il commercio.
“La questione non è rinunciare allo sci, ma tutti i posti di lavoro che ci sono in ballo. In questo modo mandiamo a picco la montagna”, dice Valeria Ghezzi, presidente di Anef, cui fanno capo circa il 90% delle 400 aziende funiviarie italiane, distribuite sia nei territori alpini, sia in quelli appenninici, sia nelle isole. Si tratta di oltre 1.500 impianti, con una forza lavoro stimata di circa 13.000 unità, tra fissi e stagionali, nel periodo di piena attività.
“Noi come categoria – afferma – non abbiamo avuto nulla a marzo e nulla fino ad oggi. I maestri di sci, forse, ad aprile avranno preso i 1.000 euro per le partite Iva. Secondo me quello che a Roma non è ancora chiaro è che per noi questi quattro mesi di stagione invernale valgono 12, perché l’estate, sul fatturato annuo, incide solo per il 5-10%. Quindi il 90% lo facciamo d’inverno, fino ad aprile”.
“Se non ci mettono nelle condizioni di lavorare, bisogna che ci siano i ristori, come negli altri Paesi europei. Sappiamo che la coperta è corta, ma se non possiamo lavorare e se i ristori non arrivano qui è un disastro“, aggiunge Giampietro Ghedina, sindaco di Cortina.
La data del 18 gennaio è un punto di non ritorno, spiega ancora Ghedina, il quale sottolinea che ci sono dei costi da programmare e del personale da trovare: il 18 gennaio, avverte, rappresenta una “deadline oltre la quale è difficile andare”.
Un concetto su cui insiste anche Luigi Bertschy, vicepresidente della Regione Val d’Aosta e assessore allo Sviluppo economico, formazione e lavoro: “Questa data la riteniamo l’ultima per poter dare un senso a questa stagione invernale e per programmare sia le assunzioni che le aperture degli impianti. D’altro canto, per la prima parte della stagione servono ristori per le società di impianti a fune, per i maestri di sci, per tutti gli operatori che in questo periodo sono rimasti fermi e senza reddito”.
Il prolungamento della chiusura delle piste da sci è destinato ad avere effetti sull’intero indotto delle vacanze in montagna, dall’attività dei rifugi alle malghe fino agli agriturismi già duramente colpiti dal lockdown di Natale e Capodanno, afferma invece la Coldiretti.