“Un percorso molto approfondito, coerente e spietato; e, insieme, una voce così lucida e diretta da creare con le proprie domande quasi disagio”. Così la poetessa Elisa Biagini commenta l’assegnazione del Nobel all’americana Louise Glück.
I giurati di Stoccolma hanno ricordato come “l’infanzia, la vita famigliare e le relazioni con genitori e fratelli siano una tema che rimane centrale nel suo lavoro”, e su questi temi insiste anche Biagini, che ne ha tradotto alcuni versi in un’antologia da lei curata e intitolata “Nuovi poeti americani” (Einaudi, 2006): “Glück – dice Biagini – presenta una lingua precisa, di forte impatto emotivo ma anche intellettuale, e usa spesso il contesto familiare come una lente di osservazione universale. E’ vero – aggiunge – nei suoi versi si parla di coloro che ci sono attorno; eppure, ciò diventa il pretesto per interrogarci sul nostro essere nel mondo”.
Nata a New York nel 1943, Glück da anni vive a Cambridge ed è considerata una delle poetesse più importanti della letteratura contemporanea americana, tanto da aver vinto il Pulitzer nel 1993 e il National Book Award nel 2014.
In Italia, però, è sostanzialmente ignorata: in catalogo, oltre ai versi nell’antologia Einaudi, è presente poco altro, oltre a una pubblicazione, “L’iris selvatico”, per i tipi dell’editore Giano.
Una tendenza, racconta Biagini, non è certo inedita nell’editoria nostrana: “Siamo molto ossessionati dalla narrativa americana; sulla poesia, invece, lo siamo molto meno: da decenni, l’equazione editoriale vuole che la produzione in versi dell’America contemporanea sia solo quella della Beat Generation. Così, si è continuato a ronzare attorno a una serie di nomi importanti ma rappresentativi di un certo tipo di poesia, e tutti gli altri sono stati un pò trascurati”.
Per Biagini questa dimenticanza nasconde in realtà un tema decisamente più ampio: “Il problema, a dire il vero – conclude l’autrice di “Filamenti” – non riguarda la letteratura americana in sé ma tutta la poesia, anche la nostra, col quale ormai da decenni l’editoria ha qualche difficoltà in generale”.