La Nuova guerra fredda: Parte seconda 1945-2020.
Questo articolo riporta una serie di stralci di un precedente intervento che avevo pubblicato nel 2015 sul Bimestrale “Nuova Economia e finanza”, dal titolo “La nuova guerra fredda”.
La caduta del Muro di Berlino ricorre il 13 agosto e, già un lustro fa, Michail Gorbaciov, intervenuto alla manifestazione, aveva paventato la fine della guerra fredda, come conosciuta e studiata dagli analisti nel periodo più intenso che andava dal 1945 al 1989.
L’ex protagonista della “Glasnost”, della politica di apertura, in uno stile diretto che lo ha sempre caratterizzato, accusava l’Occidente di aver seppellito la fiducia che la Rivoluzione pacifica aveva reso possibile.
Con i seguenti esempi: “l’espansione della Nato, il piano di difesa missilistico, le già allora critiche condizioni geo – politiche in Iraq, Libia, Siria, volutamente ignorate o fomentate dagli interessi Potenze europee.
Parallelamente, l’allora Presidente della Commissione europea Romano Prodi sottolineava “la debolezza strutturale delle Istituzioni comunitarie”, una sempre laconica ed efficiente dichiarazione d’intenti.
Dichiarazioni severe, su versanti politici ed ideologici opposti.
Eppure, anche oggi, nel 2020, le cause addotte dal Premio Nobel russo sono le stesse di quelle espresse dal Vecchio Professore.
Persiste un blocco, un “grumo” mediorientale, complici instabilità, immigrazione, fanatismo e sopravvive una “malaticcia” triade europea anglo – franco – tedesca che vede, come vedeva, il prevalere dell’interesse economico su quello politico, anche col timore che gli strascichi della pandemia possano minare un’alleanza amichevole ma guardinga nei reciproci confronti.
In questa sede l’intento è quello di riproporre tre periodi salienti, caratterizzanti la vita tra due blocchi, cui se ne aggiunge un terzo, di cui menzione alla fine.
I tre momenti della guerra fredda (1945 – 1989) – (1990 – 2001) – (2001 – 2020).
Nel primo periodo, il duopolio Stati Uniti e Urss, caratterizzato da un rapporto di forza/equilibrio, una stagione del terrore “freddo”, dove il ricorso all’aggettivo richiamava la cautela nell’intraprendere azioni ritorsive.
A fronte di minacce atomiche, di proclami allarmistici, la difficile mediazione nei momenti più cruciali (Baia dei Porci – Crisi Missili Cuba).
Nel secondo l’avvento del multilateralismo dove gli Stati Uniti consolidano, attraversando anche un innegabile sviluppo tecnologico e scientifico, una fase di egemonia assoluta, votata alla sicurezza mondiale ed alla richiesta del riconoscimento del titolo di “Salvator Mundi”, per quanto macchiato da “Dirty Operations” in Sud America e chissà dove altro.
La terza copre quattro lustri.
Se da un lato, nel primo decennio del nuovo millennio, si assiste alla rinascita di un “neo – duopolio” tra America e Russia, in una corsa alla spartizione di risorse, fonti energetiche diventate indispensabili, alleati raggiungibili o “malleabili”, quello che accade nel decennio successivo, ad oggi, si è vieppiù reso interessante.
Gli americani sono semplicemente “pragmatici” scrive A.J. Muste (Pacifismo rivoluzionario, p.170).
Ed i russi significativamente più “militarmente affievoliti”, ci si ricordi le flotte nucleari che apparivano arrugginite nelle baie del Baltico.
Il pragmatismo politico, o meglio, alcuni buoni ed insistenti rapporti dei Servizi, si erano accorti della nascita di nuove realtà.
La Cina, ad esempio, che, dalla rivoluzione maoista, è stata estremamente più lungimirante dei loro avversari, ha conquistato fette sempre più spesse di mercato, influenza e potere negli assetti internazionali, in un supposto spirito di libero mercato, di “felicità operosa”.
Questa realtà, figlia di un profondo senso del dovere, anche velatamente e velleitariamente religioso se si legge Confucio nelle pagine dedicate alla creazione e all’ istituzione dello Stato.
A tal proposito: “Per mettere il mondo in ordine, dobbiamo mettere la nazione in ordine. Per mettere la nazione in ordine, dobbiamo mettere la famiglia in ordine. Per mettere la famiglia in ordine, dobbiamo coltivare la nostra vita personale (Op. cit. Massime).
Concludendo, in sintesi, si ritiene che, dai pochi esempi citati, il futuro delle nostre società che appaiono non buone, secondo certi, migliori, secondo altri, poggiano i loro fondamenti etici sul principio, è quasi un dogma oramai, del primato dell’economia sull’uomo o sul concetto della tolleranza, del dialogo.
Questo a concludere che, la terza fase della guerra fredda, ha ritrovato nel coinvolgimento della Cina e dei Paese Arabi, forti di riserve petrolifere e di informazioni riservate, macro aree strategiche, votate, a discapito delle semplici libertà fondamentali, alla conquista di settori di interesse fondamentale nella lotta egemonica del Terzo millennio.
Non senza un riferimento all’Africa, il Continente che vede le mire non già più dei vecchi colonialisti anglo – britannici, ma di paesi asiatici che, a fronte di un aiuto sociale finanziariamente irrisorio nei loro confronti, custodiscono, nei propri caveau governativi, contratti di sfruttamento su risorse vantaggiose.
Il “new Deal” geopolitico.