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Bella ciao per Giorgio Bocca “Un’invenzione del Festival di Spoleto”

| 2 Maggio 2020 | CULTURA

In questi giorni l’inno e la melodia di Bella ciao, che accompagna la ricorrenza del 25 aprile, Festa della Liberazione, per celebrare la fine dell’occupazione nazifascista, suona come un rafforzativo di unione e di fede anche contro l’invasione del virus. La data del 25, diventata un simbolo della lotta ricordando anche il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia a Milano, quando sollecita alla sommossa generale per liberare tutti i territori e i presidi occupati. La ricorrenza viene   proposta il 22 aprile del 1946 dal Grande Alcide De Gasperi e poi istituzionalizzata nel 1949.

Oggi la canzone è associata alla Liberazione e alla Resistenza. In realtà il canto popolare e di lotta viene “cantata da simpatizzanti del movimento partigiano italiano, dopo la seconda guerra mondiale”. Inizia a diffondersi in vari paesi con la partecipazione della Gioventù democratica a Praga nel 1947, dove i “partigiani emiliani… introdussero il tipico battimano ritmico”. Secondo alcuni storici durante la guerra viene poco cantata, sembra più che altro a Reggio Emilia e nel Modenese. Ma diventa un inno dopo la guerra, soprattutto negli Anni Cinquanta e Sessanta diffondendosi in tutto il mondo, tradotta e proposta per altre battaglie. Alcuni grandi intellettuali sembrano confermare che si tratta di una canzone attribuita successivamente al periodo della Resistenza non avendone memoria, come sostiene Giorgio Bocca: «Nei venti mesi della guerra partigiana non ho mai sentito cantare Bella ciao, è stata un’invenzione del Festival di Spoleto». E Gianpaolo Pansa: «Bella ciao. È una canzone che non è mai stata dei partigiani, come molti credono, però molto popolare».

Le sue origini sembrano risalire a dei canti popolari del Nord Italia e per il testo, con le parole di “Fior di tomba” e la musica e la ripetizione del “Ciao” da “un canto infantile diffuso in tutto il nord: La me nòna l’è vecchierella”. Ma forse anche da una ballata francese del Cinquecento. In quest’ultima ipotesi la canzone subisce nel tempo e con la sua diffusione delle modifiche, prima nella tradizione piemontese, trentina e poi in quella veneta “con il titolo Stamattina mi sono alzata”. Per poi passare tra “i canti delle mondariso e infine in quelli dei partigiani”. Altra ipotesi suggerisce radici ucraine, da una “melodia yiddish”, “registrata da… Mishka Ziganoff, nel 1919 a New York.

Le prime versioni di Bella Ciao sono quelle proposte da Milva, Giorgio Gaber, Goran Bregovic e i Modena City Ramblers. Viene incisa per la prima volta nel 1963 da Sandra Mantovani e Fausto Amodei, poi da Gaber nel 1967 e da Claudio Villa nel 1975. E in tempi più recenti proposta da “Ska-P, Chumbawamba, Tom Waits e Hardwell”. L’inno invece, più conosciuto durante la Resistenza è Fischia il vento, che riprende la canzone popolare sovietica Katjuša. Bella Ciao invece, viene poi recuperata e modificata in un saluto dei partigiani al loro amore, che lotta e “muore per la libertà”.

Restano molte incertezze sulla ricostruzione storica del canto e della sua evoluzione nel tempo. Ma comunque sia, ormai è diventata un simbolo di qualcosa che è stato e che resta nella memoria storica ed emotiva. Un inno che esalta a resistere a qualsiasi lotta e a onorare le tante vite spezzate per un sogno di pace e libertà, stringendosi e invocando tutti in coro le amate e commoventi parole:

Questa mattina, mi son svegliata

E ho trovato l’invasor.

E se muoio da partigiano

Tu mi devi seppellir.

E seppellire lassù in montagna

Sotto l’ombra di un bel fior.

TAG: Festival di Spoleto, Giorgio Bocca
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