La libertà di un popolo è legata in modo imprescindibile al valore dell’uguaglianza in esso riconosciuto; ricordo la frase che mi disse un ricchissimo imprenditore di Sesto San Giovanni – area destra – a proposito di questo concetto: “ma lei crede davvero che il figlio di un muratore abbia la stessa dignità e debba avere gli stessi diritti del figlio di un imprenditore?”.
Stiamo parlando di un uomo molto anziano a cui il governo della Stalingrado d’Italia aveva portato via anche le mutande a botta di mazzette ed io – contemporaneamente figlia di imprenditore e di muratore – lasciai cadere quell’affermazione nel vuoto che considerai l’esistenza stessa di quell’individuo.
Compresi però che la disuguaglianza, per questa gentaglia, rappresenta il medesimo fondamento della società che è per me costituito dal suo esatto contrario.
Il 25 aprile, per noi italiani, è patrimonio della libertà conquistata sconfiggendo il fascismo e che piaccia o meno alla nipote del Duce, altrimenti nota come “vaiassa”, ricordare la fine di suo nonno e dei suoi estimatori, è cosa sacra ed intoccabile.
Ma è anche vero che abbiamo bisogno di un nuovo giorno della liberazione, dalla madre di tutte le forme di disuguaglianze: la corruzione. Per chi nutrisse dubbi, l’osservazione di quanto sta avvenendo dall’inizio della pandemia ad oggi, può facilitarne la riflessione.
C’è chi non attendeva altro che un momento di emergenza per intrallazzare come e meglio di prima; lo abbiamo visto sull’accordo raggiunto per le nomine ai vertici della grandi partecipate dove spicca la riconferma di Claudio Descalzi, l’imputato per corruzione internazionale ai vertici di ENI
Che cosa abbia indotto la forza di maggioranza al governo, il M5S, a cedere alle richieste del PD e di Italia Viva su un nome tanto imbarazzante, non lo sappiamo noi e non lo sa nemmeno Alessandro Di Battista che fino a pochi giorni fa, si è appellato affinché prevalesse la linea identitaria del movimento che mai avrebbe potuto immaginare un simile accordo.
Certo è che qualcosa di molto influente, quanto oscuro, si sia mosso a favore dell’imputato e se chi ha vinto le elezioni con la battaglia dell’anticorruzione non ha avuto la forza di sottrarsene, cosa può offrire in futuro al proprio elettorato?
La corruzione è una rete dentro la quale si offre collocazione a favore della sua crescita e solidità. All’interno di essa, troviamo alcune testate giornalistiche che fuori non avrebbero modo di stare a galla. In questi giorni, l’impegno della stampa “irretita” è concentrato sulla difesa della Regione Lombardia, nonostante l’impresa sia impossibile ma in fondo, perché confidare sulla capacità d’analisi dei cittadini?
Una regione messa a nudo con la sua arroganza e l’eredità lasciata dal pluri imputato centro destra che ha plasmato il sistema corruzione perfetto: rubare sotto il segno dell’eccellenza distrae tutti. Tranne la magistratura che in questi giorni sta cercando di far luce sugli accordi intercorsi fra Regione ed RSA.
l’8 marzo scorso, la Regione deliberava il trasferimento di soggetti affetti da covid-19 dagli ospedali alle case di riposo per anziani facendo leva sul fatto che fossero “malati lievi”, una frase priva di significato in quanto, in condizioni critiche o meno critiche, il rischio di contagio non varia.
L’accordo stipulato con le RSA assume una parvenza di sicurezza solo nelle parole dei contraenti che cianciano di condizioni ottimali per la gestione del trasferimento. I numeri dei morti, nonni di tutti noi, dicono che di sicurezza non vi sia stata traccia.
Il dubbio è che si sia trovata talmente appetibile la somma messa sul piatto per ciascuna struttura, da far passare in secondo piano la sicurezza degli anziani e degli operatori sanitari.
L’operazione, cosi come dimostrano centinaia di testimonianze raccolte nelle ultime settimane, è stata gestita sulla base dell’approssimazione in un clima di totale inadeguatezza e, dramma nel dramma, chi ha denunciato questo sistema, è stato barbaramente licenziato.
Parli e sei messo alla porta. Mantieni il silenzio e diventi intoccabile. Un vero e proprio sistema mafioso che attraversa città e strutture lombarde alcune delle quali, gestite da istituti religiosi. Dati risalenti alla scorsa settimana, parlano di un terzo degli ospiti delle case di riposo di tutta la regione, colpito da coronavirus.
I decessi hanno superato quota 2000 e a fronte di questa ecatombe, i governanti rivendicano scelte assennate. Il seguito sarà scritto nei tribunali e, confidiamo, rendendo giustizia alle vittime.
Un altro fronte tutto lombardo riguarda l’affidamento della sperimentazione dei test del sangue in grado di fornire informazioni costanti sull’evoluzione dell’epidemia, ad una società, la DiaSorin, senza indire alcuna gara. Il comitato tecnico scientifico della Regione che si è occupato dell’affidamento – una operazione che porterà profitti miliardari – aveva al suo interno un tecnico della società in questione e il caso è già finito sul tavolo dell’ANAC.
Nel Lazio la situazione non denota scenari migliori; si parte da una condizione sanitaria disastrosa frutto della gestione Zingaretti che con una mano prendeva milioni dai governi per migliorare le strutture e con l’altra tagliava posti di lavoro e posti letti – oltre 10mila – riducendo a colabrodo un servizio che si piazza fra i peggiori del Paese.
Poche settimane fa ci informava, con un video su Facebook, che dopo il secondo tampone è risultato negativo al coronavirus – quindi guarito – convinto forse, che con la preoccupazione sulla sua salute ci alziamo al mattino e con la medesima cerchiamo di prender sonno la notte.