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Caso Borrometi: nuove dichiarazioni tra un ispettore e una giornalista

| 24 Aprile 2020 | INCHIESTE

Come da copione, il caso Paolo Borrometi arriva ad un epilogo annunciato in tempi non sospetti. Ci troviamo difronte a uno di quei scenari ispirati dai migliori bestseller pieno di intrighi e retroscena mozza fiato. Intrecci politici e polizieschi che si mescolano tra loro, poi scoprire che il colpevole era il personaggio meno impensabile.

Quello che stiamo per pubblicare è il risultato dell’inchiesta iniziata sul noto giornalista Paolo Borrometi, che con i suoi articoli ha inconsciamente distrutto la vera informazione e il lavoro, con tanto di sacrificio, di tanti giornalisti.

Il concetto è basilare: non si possono costruire carriere alle spalle di giornalisti illustri, soprattutto se molti di questi sono stati ammazzati, con lo scopo di crearsi un “personaggio pubblico”.

Paolo Borrometi ha cavalcato questa scia con le amicizie e i rapporti connessi tra loro, un’onda che gli ha permesso di rendere la sua figura intoccabile fino a raggiungere l’invito del Presidente della Repubblica italiana e del Papa, poi addirittura ricevere premi che non gli toccavano come: la finale del premio ‘freedom journalist’. 

Paolo Borrometi ha sempre dichiarato (e su questo argomento gli articoli sono facilmente visibili su tutti i motori di ricerca) che la sua carriera ha inizio con l’omicidio di Inglese, e che da quel momento inizia a subire minacce; sebbene l’omicidio Inglese, per gli inquirenti, non è un omicidio legato alla mafia.

Ma la fase che cavalca “Paolino” – così dirigenti e i più stretti lo chiamano – inizia dalla “falsa aggressione subita in campagna”, dove lo stesso dichiara più volte di essere stato colpito con calci e pugni e di essersi trovato in una pozza di sangue. Però, nel certificato del P.O. risulterebbe solo una lesione guaribile in dieci giorni e nessuna tumefazione o livido viene riscontrato sul suo viso e sul corpo. Ma mentre si trovava in terra pieno di sangue – così ha dichiarato insieme al padre – il padre accorso in campagna, invece di chiamare il 118 gli scatta delle foto. Come potrebbe mai un genitore vedere il proprio figlio insanguinato anziché chiamare il 118 o il 113 scattare delle foto?

Stando alle deposizioni rese agli agenti della PS in ospedale che dovevano redigere la relazione di servizio, prima di recarsi in ospedale hanno chiamato il dirigente del commissariato e la relazione, sembrerebbe, che sia stata scritta dal dirigente – che non è intervenuto sul luogo e non ha parlato con la vittima – ma successivamente firmata dagli agenti che non potevano sottrarsi.

La questione riguardante lo scasso della porta della sua abitazione a Modica, poi cambiata in: “hanno dato fiamme alla porta”, risulterebbe poco attendibile in quanto Borrometi era già sorvegliato a vista (scortato) e solo un folle poteva fare un atto del genere.

Come sono inconfutabili molti articoli e post su facebook, Borrometi usa la tattica dell’istigazione, della provocazione, come nel caso del presunto boss Ventura dopo che lo stesso giornalista pubblicò un articolo con la foto dei nipotini minorenni di Ventura. Quest’ultimo, tramite messaggio, gli scrisse di lasciare perdere i bambini e di prendersela solo con lui e basta, ma Borrometi lo provocò e Ventura gli disse: “Io anche in Commissariato ti vengo a scippare la testa. Su questo argomento, sia Borrometi e altri sono a conoscenza della verità dei fatti in quanto i computer sono stati setacciati dalla polizia postale di Catania.

Un’altro aspetto emblematico sono le chiamate confidenziali con l’ex governatore CrocettaTutto il materiale si trova custodito sui dei nastri e che mai sono stati al vaglio di magistrati o della DDA.

Ma come faceva ad avere informazioni in anticipo? La risposta è semplice: qualsiasi informazione di rilevo gli veniva passata come un “dettato per bambini che frequentano le elementari” e lui pubblicava.

E del megafotovoltaico della sorella di Crocetta nel ragusano, che frutta molti quattrini, Paolo Borrometi non ha mai aperto un’inchiesta: perché?

E le inchieste sulla città di Siracusa, frutto delle confidenze del collaboratore di giustizia Rosario Piccione, di cui si ne appropriato senza nemmeno citarne la fonte nel suo libro. E quelle sulla città di Avola, di cui fu Maurizio Inturri a condurre tutto il lavoro d’inchiesta e che, guarda caso, non è stato mai chiamato a deporre.

Tutte coincidenze che incominciano ad assumere una triste realtà. Una realtà che, in un modo o nell’altro, doveva raggiungere un traguardo del tutto glorioso. A spalancare ulteriormente gli occhi davanti all’indignazione, è una conversazione che porta la firma di due interlocutori i quali cercano di interagire sull’operato di Paolo Borrometi.

Una trascrizione (Rif. file audio n. “AUD-20200217-WA0018 ”  Durata: 00:25:20) che viene espressamente sottoposta al vaglio delle procure di Catania, Ragusa e Siracusa dall’interlocutrice Valeria Micalizzi. 

E qui si apre un’altro scenario che mette ulteriormente in discussione l’etica del giornalista Borrometi. In questa TRASCRIZIONE potrete leggere integralmente la conversazione tra l’Ispettore Giuseppe Modica e Valeria Micalizzi.

Trascrizione

I temi della conversazione sono più di uno, infatti l’Ispettore Giuseppe Modica fa riferimento alle indagini nate per l’aggressione subita da Borrometi con il ferimento della spalla da parte di ignoti. Si parla purtroppo di intercettazioni telefoniche importanti per le indagini che invece non sono state utilizzate come si sarebbe aspettato di fare.

Si parla più in generale del modus operandi del dirigente Ciavola che nelle indagini cercava di indirizzare il processo in un certo modo. Si sollevano dubbi sull’episodio del furto a casa di Borrometi con forti dubbi anche nella ricostruzione del caso.

Si continua a parlare di relazioni inviate alla magistratura fatte più di omissioni che di fatti reali come ad esempio per l’aggressione a Borrometi con forti perplessità sul referto medico e la mancata rilevazione fatta sui luoghi dell’aggressione. Si parla di documenti rilevanti ma volutamente omessi sullo scioglimento del Comune di Vittoria.

TAG: Antimafia, giornalismo, Paolo Borrometi, Procure, Sicilia
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