
Molte volte, soprattutto nella vita quotidiana all’interno delle società avanzate, i giovani, schiacciati da ritmi sempre più frenetici e convulsi, appesantiti da aspettative cui sono costretti a rispondere nel breve termine e storicamente demoralizzati dall’incertezza di un futuro lontano ma al tempo stesso così vicino e già presente, si ritrovano a dover fare i conti con la propria solitudine e con sentimenti di smarrimento e di abbandono, causati ad esempio, ma non unicamente, dal fatto che per motivi di studio o di lavoro s’è lasciata alle spalle la famiglia e con essa il luogo d’origine (quello dello sradicamento, soprattutto tra i giovani meridionali, è un tema in Italia oggi molto sentito).
Ogni generazione vede poi le proprie anime migliori che più delle altre si danno affanno per rispondere alle grandi domande, talvolta circa il proprio periodo storico o la propria fascia d’età e talvolta circa il cammino dell’uomo nel corso della Storia più in generale. Queste anime sono quelle che cercano le strade autentiche con tutta la loro forza e che offrono a tutti soluzioni nuove, e, spesso per ragioni più o meno simili, trovano conforto nell’arte e nella solitudine piuttosto che nello stare insieme con le altre persone.
La questione non è certo netta, univoca e facile da racchiudere in poche righe, ma ciò ch’è chiaro è che solitudine, isolamento artistico e tormentati pensieri circa le possibili spiegazioni del circostante non sono necessariamente il giusto prezzo da pagare per la conquista di un’indipendenza, di una crescita personale o di una libertà magari da tempo sognate e desiderate, bensì, in larga parte, il sintomo di una tristezza e di uno sconforto che possono avere radici e convinzioni anche forti nel tempo e nell’identità del singolo, la cui reale portata viene spesso sottovalutata.
Lo scopo ultimo dell’uomo rimane infatti la felicità e, nonostante la tristezza e l’abbattimento possano essere fonti di grande insegnamento e maturazione, è evidente che chiunque, se la scelta fosse così semplice e se per stare bene bastasse così poco, tra positività e negatività sceglierebbe la positività, sceglierebbe la felicità. Ecco tutto. Nell’infelicità e nell’insoddisfazione, infatti, sentimenti che tra i giovani di oggi sono purtroppo molto diffusi (e tra anime elette e non), l’individuo tende ad avere una visione cinica e pessimistica delle cose, delle persone e della società, una visione che è disillusa in partenza e catastrofica nelle premesse, e che per questo finisce spesso nella volontaria emarginazione dagli altri.
E in questo allontanamento, generato dalla credenza di sentirsi inadeguati e inadatti al flusso della vita, accentuato dalla preferenza della sincerità con se stessi piuttosto che dalla menzogna con il mondo intero, e reso drastico dalla convinzione che le cose presumibilmente andranno nel verso sbagliato e in un senso d’autodistruzione, il desiderio di comunicare, condividere, apprezzare e sentirsi apprezzati, in sintesi, il desiderio di essere felici e di esserlo insieme agli altri resta sempre e di continuo il desiderio più grande, il più sognato e il più cercato, perché, c’è poco da fare, è insito nella natura umana. L’uomo è un animale sociale.
Infatti, come perfettamente esemplificava Jon Krakauer in quel meraviglioso libro che è “Nelle terre estreme”, la vera storia di un giovane, Chritopher McCendless, che altro non è che alla ricerca del vero se stesso, del se stesso che è al di fuori della società di cui è parte, “la felicità è reale solo se condivisa”. Mai altre parole furono più vere.
E allora, nonostante disperazioni più o meno profonde, sentimenti e ricerche più o meno intense e solitudini più o meno desiderate, perché non è così facile trovare conforto, sollievo, freschezza e sostegno nell’affetto più bello che esista, e cioè quello dell’amicizia? Perché non è così facile abbandonarsi agli altri come Totò e Leti fanno in questa bellissima striscia del fumettista argentino Guillermo Decurgez, in arte Decur?
La risposta non è agevole, non è una e se è una mai basterà a chiarire tutte le dinamiche che si creeranno attorno ad un discorso, e anzi, di discorsi ne saranno prodotti di sempre nuovi e di sempre e nuovamente irrisolti, ma appunto per evitare ulteriori complicazioni, forse, la strada migliore da percorrere è quella della semplicità. E in fondo cosa c’è di più semplice nella vita dell’amicizia, e di un’amicizia sincera? Di qualcuno con cui poter condividere in modo disinteressato ansie e preoccupazioni, gioie e felicità?
-Leti, non sono sicuro di ciò che si dice a proposito della tristezza…”che il vento se la porta via”…
A volte il vento non soffia e la tristezza resta dentro creando una ferita invisibile…
-Per guarirla, Totò, c’è l’amicizia!