C’è una linea di continuità illuminata tra la zoppìa di ciampiana memoria per cui il Patto di Stabilità e Crescita aveva colpevolmente perso la seconda gamba e reso abnorme il peso della prima e l’invito di ieri del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, al “necessario riesame delle regole del Patto di Stabilità” per contribuire a rilanciare “gli investimenti in infrastrutture, reti, innovazione, educazione e ricerca”.
Questa linea di continuità illuminata appartiene alla storia nobile del riformismo laico e cattolico italiani e misura, allo stesso tempo, l’abisso della ragione e l’egoismo di popoli e territori che hanno condizionato fino a oggi le classi dirigenti europee. Perché ce ne è voluta davvero tanta di miopia per attraversare prima la Grande Crisi Finanziaria e poi la Grande Crisi Sovrana, che hanno prodotto cumulate in un Paese come l’Italia danni superiori a quelli di una terza guerra mondiale persa, senza mai accogliere le richieste di uomini “amici dell’Europa” come Romano Prodi e Alberto Quadrio Curzio, che spingevano per varare finalmente gli eurobond e dare così vita a un piano europeo di investimenti infrastrutturali che potesse gettare le basi di un futuro di crescita produttiva e ridurre il disagio sociale determinato nei Paesi del Sud Europa dalla doppia recessione.
Posso dire con serenità d’animo di essere stato tra le voci che più hanno insistito, con questa compagnia, perché l’Europa si svegliasse dal suo torpore. Oggi che la crisi dell’economia reale morde il gigante tedesco e gli porta il conto della sua prolungata miopia contro ogni intervento sano diretto a stimolare la domanda del mercato interno tedesco e di quello europeo, si aprono spiragli concreti perché si possa porre mano al Patto di Stabilità e di Crescita curandone la zoppìa.
Quello che sta succedendo ora in Germania, a scoppio ritardato, è esattamente ciò che già sta accadendo e sempre più accadrà in Italia se non si porrà rimedio alla miopia egoista di un sovranismo regionale predone del Nord che rade al suolo il mercato interno meridionale e condanna le regioni ricche italiane a essere le uniche in Europa a non avere raggiunto i livelli pre-crisi del 2008, ovviamente insieme alle regioni povere ancora nettamente più indietro. L’Europa e l’Italia hanno un’occasione irripetibile per ritrovare la coesione indispensabile e puntare sugli investimenti facendo del Mezzogiorno il nostro nuovo new deal.
Il credito internazionale di cui gode oggi Mattarella è di sicuro di grande aiuto. Il solco tracciato anzitempo da Conte dentro i confini politici della nuova Commissione Europea è un capitale da non sprecare. Le cifre della vergogna del ritardo infrastrutturale del Mezzogiorno italiano, documentate analiticamente da questo giornale, impongono una presa di coscienza nazionale e capacità di agire. Uscire dalla gabbia dell’assistenzialismo e del vaniloquio si può. Dipende da noi. Ogni riferimento a Ciampi è puramente voluto.