
Nel corso della giornata di ieri il governo britannico ha fatto sapere che l’accordo di uscita dall’Unione Europea verrà ripresentato in parlamento per l’approvazione agli inizi del mese di giugno. Probabilmente l’accordo giungerà in parlamento il prossimo 3 giugno.
L’obiettivo della premier è incassare la tanto agognata approvazione, che continua ad essere poco probabile, prima dell’inizio della pausa estiva del parlamento britannico.
L’accordo di uscita dall’Ue, frutto di mesi di estenuanti negoziati tra Londra e Bruxelles, è stato sonoramente bocciato tre volte dalla Camera dei Comuni negli ultimi mesi. Il numero di voti contrari, sebbene sempre molto alto, è andato via via calando votazione dopo votazione. Dopo la terza bocciatura, lo scorso mese il Consiglio Europeo ha deciso di posticipare la data della Brexit al 31 ottobre 2019.
Da quando il Consiglio Europeo ha concesso la seconda proroga, la premier Theresa May, preso atto dell’ingombrante opposizione interna al partito esercitata dai fautori della hard Brexit, ha iniziato dei colloqui con il leader dell’opposizione, il laburista Jeremy Corbyn, con l’obiettivo di stipulare un accordo bipartisan per una Brexit più morbida, che permetterebbe al Regno Unito di mantenere stretti legami con l’Ue. Eventualità da incubo per gli hard Brexiteers conservatori, i quali vogliono tagliare in modo netto i ponti con il continente.
I colloqui tra May e Corbyn, che nelle ultime settimane si sono tenuti frequentemente, pur venendo spesso definiti utili e costruttivi dalle parti negozianti, non hanno prodotto avanzamenti di alcun tipo e sono in una fase di stallo. È bene precisare che la quarta votazione parlamentare non è condizionata all’esito dei colloqui tra governo e laburisti. In poche parole, a prescindere dall’esito dei negoziati con l’opposizione, all’inizio di giugno il governo porterà in parlamento l’accordo di uscita dall’Ue.
Tuttavia, i laburisti hanno fatto sapere che finché non verrà trovato un accordo bipartisan essi continueranno a votare contro l’accordo di uscita, come hanno già fatto nei mesi scorsi.
In effetti, l’esito di questa quarta votazione sembra già scritto. L’annuncio da parte di Downing Street della nuova votazione è stato seguito a ruota dalle dichiarazioni pubbliche di diversi parlamentari britannici che hanno espresso immediatamente il loro voto contrario.
Oltre ai laburisti, gli hard Brexiteers conservatori e i democratici unionisti nord-irlandesi del Dup, che a partire dal giugno 2017 hanno fornito l’appoggio parlamentare all’esecutivo di minoranza di Theresa May, hanno dichiarato che voteranno contro.
Nigel Dodds, leader dei deputati unionisti dell’Irlanda del Nord alla Camera dei Comuni, ha commentato la decisione della premier May con queste parole. “Se la premier porta l’accordo di uscita alla Camera dei Comuni per una votazione, la domanda sarà, “che cos’è cambiato?”. A meno che non riesca a dimostrare che è stato fatto qualcosa di nuovo per affrontare il problema del backstop, allora è molto probabile che il suo accordo venga battuto ai voti ancora una volta”.
Il backstop è la questione più spinosa e controversa concernente la Brexit e ha a che fare con il confine tra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda, ovvero il confine terrestre tra Regno Unito ed Unione Europea. Se non avete mai sentito parlare del backstop, vi consigliamo di leggere questo articolo che abbiamo scritto in merito.
Vince Cable, leader dei liberaldemocratici, ha fatto sapere che il suo partito sarebbe disponibile a votare a favore, a patto che l’accordo venga sottoposto a un referendum popolare di conferma. “Se il governo domani proponesse in parlamento il suo accordo, anche se modificato dai laburisti – dice Cable – noi abbiamo fatto sapere chiaramente che lo supporteremmo, posto che sia soggetto a un referendum di conferma”. Cable aggiunge che ormai, secondo lui, “il governo ha esaurito le opzioni a disposizione”.
Dal canto loro, i sostenitori della premier cercano di argomentare la necessità di votare a favore dell’accordo. “È tempo che il parlamento prenda una decisione che rifletta le promesse elettorali fatte dai conservatori e dai laburisti alle ultime elezioni politiche e porti a compimento la Brexit nel modo in cui è stata promessa al paese” ha affermato Stephen Barclay, ministro della Brexit. Durante la campagna elettorale delle ultime politiche, tories e laburisti promisero di rispettare il verdetto del referendum del 23 giugno 2016, ovvero portare Londra fuori dall’Ue.
Liam Fox, ministro del commercio, ha avvertito che in caso di voto contrario da parte del parlamento le opzioni rimanenti sarebbero due: revoca dell’articolo 50, quindi annullamento della Brexit, oppure uscita senza accordo.
Al di là delle dichiarazioni dei politici di maggioranza e opposizione, ciò che emerge chiaramente è che, a meno che non vi siano colpi di scena nei colloqui tra May e Corbyn, l’accordo che il parlamento dovrà votare tra un paio di settimane sarà lo stesso e identico testo che ha già bocciato sonoramente per tre volte negli ultimi mesi. Pertanto, appare improbabile che questa sia la volta buona. Sembra quindi che la soluzione alla Brexit sia lungi dal palesarsi.