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Intervista al Prof. Barone, uno sguardo vero sull’Africa del ventunesimo secolo

| 1 Maggio 2019 | ESTERI, IL FORMAT
Prof Barone

Chi è Francesco Barone?

Prof. Barone: “Francesco Barone è originario di Bussi sul Tirino (PE) e risiede a Roma. E’ laureato in Filosofia ed è Docente presso il Dipartimento di Scienze Umane dell’Università degli Studi dell’Aquila. Da oltre venti anni è impegnato in attività umanitarie con lo scopo di aiutare le popolazioni che vivono in condizioni di vulnerabilità”.

L’Africa nel 2019: quali stati africani ha visitato il Prof Barone?

Prof. Barone: “Ho svolto 51 missioni con importanti interventi umanitari in Ruanda, Burundi, Senegal e Repubblica Democratica del Congo. Alcuni di questi viaggi sono stati effettuati unitamente ad altre volontarie e volontari”.

Si può affermare quanto segue, ovvero che la decolonizzazione in Africa non è mai terminata? Che cosa ne pensa lei?

Prof. Barone: “Penso che rispetto al passato siano cambiate le modalità di colonizzazione. Ma di fatto esiste ancora. Come è noto, il primo carico di schiavi africani che attraversò l’Atlantico risale al 1532. L’Africa venne così catapultata nel nascente “sistema economico mondiale” attraverso il mercato degli schiavi. Lo schema era semplice: l’Europa forniva tessuti, armi e alcol ai capi africani, l’Africa consegnava gli schiavi, soprattutto alle Americhe. Non è possibile quantificare con certezza il costo umano della tratta degli schiavi. Léopold Sédar Senghor, poeta della negritudine, parla di milioni di esseri umani uccisi nel corso dei secoli a causa della schiavitù. L’immagine distorta dell’Africa e la sua marginalizzazione ha origine nella concezione etnocentrica ed evoluzionistica europea. Basti pensare alle testimonianze di Erodoto, Plinio il Vecchio, alla teoria del buon selvaggio di Rousseau e alla concezione hegeliana della storia. Sono passati diversi secoli, non si vedono più le catene nei polsi e nelle caviglie delle persone, ma esistono quelle invisibili. Più terribili e subdole delle prime. Esistono, dunque, i nuovi schiavi, sono coloro che hanno fame, non hanno accesso all’istruzione e non dispongono di cure mediche e medicine. Sono coloro che vengono sfruttati da potenze mondiali e da multinazionali per l’estrazione di coltan, oro, cobalto, diamanti e altre preziose risorse. E inoltre, bambine e bambine vittime di violenze, soprusi, traffico di organi e sfruttamento della prostituzione”.

Prof Barone

Quali pensa che possano essere delle soluzioni efficaci per arginare le problematiche, oggi più che evidente, del sottosviluppo e dell’arretratezza di alcune zone africane?

Prof Barone: “Servono interventi immediati e incisivi. E’ necessaria l’assunzione di responsabilità da parte dei Paesi più ricchi del mondo, evitando annunci propagandistici. Assistere con indifferenza alle povertà e alle sofferenze di milioni di persone è un crimine. Artigiani dell’invisibile, con i diamanti a forma di potere negli occhi, si sta rischiando di non riconoscere la realtà del mondo in cui viviamo. Si può forse negare che a causa di “bassi e disumani appetiti” si stanno lasciando morire di fame milioni di persone? Si può forse negare che la maggior parte delle ricchezze è nelle mani di pochi, mentre altri milioni di persone muoiono di fame? Ebbene! Finché un solo bambino al mondo non dispone del necessario (cibo, acqua, vestiti, istruzione, medicine), nessun altro adulto ha diritto al superfluo. A tale proposito, vorrei sottolineare l’importanza del contenuto del Documento che mi è stato consegnato da Denis Mukwege, Premio Nobel per la pace 2018. La Comunità internazionale deve intervenire affinché si ponga fine alle violenze e alle atrocità che riguardano milioni di bambini, donne e uomini dell’Africa”.

Prof Barone

Prof. Barone, lei è favorevole ad una politica umanitaria di aiuto assistenzialistica nei confronti delle popolazioni africane disagiate oppure preferirebbe agire in modo diverso?

Prof Barone: “Sono convinto che rispetto al tema delle povertà nel mondo gli interventi di sensibilizzazione siano molto importanti. A questo proposito penso ala ruolo della scuola per la formazione di individui responsabili  e consapevoli dell’importanza dei valori di pace, dei diritti umani e del rispetto delle diversità. Non credo all’attuazione di interventi di tipo assistenzialistico. I progetti umanitari devono prevedere la compartecipazione delle popolazioni interessate, ma soprattutto devono avere come priorità la concretezza. Inoltre, è necessario che vi siano certezze in merito alla destinazione dei fondi o di quanto donato. Esiste il rischio concreto che i soldi non arrivino alle persone bisognose”.

Come si stanno comportando l’Italia e l’Europa (ma anche il mondo intero) nei confronti dell’Africa?

Prof. Barone: “Ritengo che vi sia un’evidente disattenzione della politica nei confronti dell’Africa. Non è tollerabile restare indifferenti di fronte al dramma di milioni di persone costrette a fuggire dalle guerre e dalle violenze. Non servono gli spot e le buone intenzioni. Serve intervenire presto. E’ un gesto inqualificabile e disumano quando si resta a guardare mentre affogano persone indifese. Nel contempo sento di esprimere parole di ammirazione nei confronti di tutte le organizzazioni umanitarie, le volontarie e i volontari che svolgono un ruolo importantissimo, ponendosi accanto a chi vive in condizioni di marginalità”.

Che cosa si augura per il futuro dell’Africa?

Prof Barone: “Amo profondamente l’Africa. Spero che riesca a mantenere il ritmo del cuore da cui tutti noi dovremmo prendere esempio”.

TAG: africa, Africani, migranti
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