
Il primo ministro del Governo di accordo nazionale (Gna) libico Fayez al-Sarraj attacca nuovamente e duramente la Francia, accusandola di sostenere ancora il feldmaresciallo Khalifa Haftar, il cosiddetto uomo forte della Cirenaica, che tre settimane fa ha lanciato un’offensiva militare per conquistare Tripoli.
In due interviste rilasciate ai quotidiani francesi Le Monde e Liberation, al-Sarraj ha espresso il suo rammarico per l’atteggiamento poco trasparente mostrato da Parigi nelle ultime settimane.
“Siamo soddisfatti che certi paesi abbiano condannato l’offensiva contro Tripoli, ma le condanne non sono sufficienti. Devono essere accompagnate da azioni concrete” dice al-Sarraj a Le Monde. Per azioni concrete, il premier libico intende, per esempio, un appello a “un cessate il fuoco immediato e al ritorno di tutte le forze militari alle proprie posizioni iniziali”. “La comunità internazionale dovrebbe assumere una posizione chiara – continua – purtroppo, notiamo che certi paesi esitano a definire questo attacco per quello che è”.
Al-Sarraj entra poi più nello specifico accusando esplicitamente la Francia. “Siamo sorpresi e perplessi per la posizione assunta dalla Francia. Come può un paese che aspira alla libertà, ai diritti umani e alla democrazia avere una posizione così poco chiara per quanto riguarda il nostro popolo, che aspira agli stessi identici valori?”.
Intervistato da Liberation, al-Sarraj usa parole ancora più dure. “Siamo sorpresi che la Francia non sostenga il nostro governo che è democratico e invece sostenga un dittatore”. Il premier di Tripoli è molto severo anche nei confronti di Haftar che definisce “un criminale di guerra” non solo per aver infranto tutti gli sforzi diplomatici fatti finora, ma anche perché le sue forze bombardano “scuole, ospedali, ambulanze”. “Non capiamo il silenzio della comunità internazionale dal momento che questi episodi sono documentati. Abbiamo dovuto chiudere le scuole per proteggere i bambini dai bombardamenti. Haftar dovrà essere perseguito penalmente per questi crimini”.
Al-Sarraj cerca anche di smontare la tesi di Haftar secondo cui l’attuale offensiva è mirata esclusivamente a eliminare i terroristi dalla Tripolitania. “Questa non è una guerra contro i terroristi. Questa non è più una guerra tra l’est e l’ovest della Libia. Questa è una guerra di valori: difendere la democrazia dall’instaurazione di un regime militare”.
Il premier libico, pur ammettendo che la Francia ha riconosciuto il suo Governo di accordo nazionale, afferma che Parigi “allo stesso tempo fornisce supporto ad Haftar, insieme ad altri paesi”.
Tra gli altri paesi che sostengono apertamente Haftar vi sono, in primis, Egitto e Arabia Saudita. In particolare, nelle scorse settimane è emerso che Riad ha finanziato le forze di Haftar per decine di milioni di dollari. Questo denaro è servito ad acquistare armi, mezzi militari e comprare la lealtà di leader tribali, il tutto in preparazione dell’offensiva militare contro Tripoli.
Secondo al-Sarraj, “il sostegno non proporzionato della Francia ad Haftar gli ha fatto decidere di passare all’azione abbandonando il processo politico” finalizzato a dare stabilità al paese nordafricano dopo quasi un decennio di anarchia e guerra civile a intermittenza.
Per quanto riguarda un’eventuale riapertura del dialogo tra la Tripolitania e la Cirenaica, al-Sarraj non si fa illusioni. “È senza alcun dubbio impossibile rinnovare il dialogo politico nel contesto attuale. Come si può chiedere a qualcuno che difende la propria casa da un attacco di deporre le armi nel mezzo del combattimento?” Il premier è ancora più esplicito. “Come possiamo trattare con chi all’improvviso ha deciso di distruggere gli sforzi di pace e conquistare il potere con le armi?”.
Per al-Sarraj la priorità nell’immediato è “mettere fine ai combattimenti e alle sofferenze della popolazione”. Dalle parole del capo del Governo di accordo nazionale si deduce che un accordo di cessate il fuoco e il ritorno alle posizioni iniziali delle truppe di Haftar, quindi in Cirenaica, sono le condizioni necessarie per un’eventuale ripresa del dialogo.
La posizione della comunità internazionale nei confronti della crisi libica non è mai stata così caotica, complicata e contraddittoria come ora.
Non solo Francia, Egitto e Arabia Saudita, tra gli altri, appoggiano Haftar. Ora pure la posizione degli Stati Uniti si è fatta ambigua. Venerdì scorso il presidente americano Donald Trump e il feldmaresciallo Haftar hanno avuto una conversazione telefonica. Una nota della Casa Bianca in merito a tale telefonata dice che Trump “ha riconosciuto il ruolo importante del feldmaresciallo Haftar nella guerra al terrorismo e nel mettere in sicurezza le risorse petrolifere del paese, e i due uomini hanno discusso una visione comune in merito a una transizione della Libia verso un regime politico stabile e democratico”.
A questo punto non è più chiaro da che parte stiano gli Stati Uniti e secondo alcune indiscrezioni ora Washington appoggerebbe politicamente Haftar. Di certo è sorprendente e fa riflettere il fatto che Trump abbia chiamato Haftar e non al-Sarraj.
La posizione dell’amministrazione americana è resa ancora più ambigua dal fatto che lo scorso 7 aprile il segretario di Stato Mike Pompeo condannò pubblicamente l’offensiva di Haftar, chiedendo la fine immediata delle ostilità.
Intrighi diplomatici a parte, la situazione sul campo peggiora giorno dopo giorno. A tre settimane dall’inizio dell’offensiva di Haftar si combatte ancora nella periferia di Tripoli e il bilancio delle vittime e degli sfollati si fa sempre più grave.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) i morti finora sono 272 mentre i feriti 1 272. Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari (Ocha) gli sfollati invece sono circa 35 mila.