Sono passati quasi cinque giorni da quando un blackout iniziato giovedì alle 16.30 ora locale ha lasciato al buio l’intero Paese.
Semafori spenti, strade desolate, negozi chiusi e ospedali senza elettricità sono solo alcuni elementi che ci permettono di fare una descrizione sommaria dello stato di emergenza vissuto ieri dal Venezuela.
Durante oltre 100 ore il Paese è passato a un ulteriore stadio di crisi. Alla grande carestia e alla crisi ospedaliera che trafiggono il Paese, si è aggiunto un lungo blackout che ha rovinato le ultime scorte di carne rimaste nei pochi negozi funzionali e che ha portato via con sé la vita di oltre 329 pazienti negli ospedali.
Caos e disperazione
E mentre la morte non sapeva se portar via con sé più anziani o più neonati internati negli ospedali, le strade erano sottoposte al caos, l’unico elemento che non ha scarseggiato in tutto questo tempo.
Mentre nella città di Maracaibo i commercianti hanno preferito regalare degli alimenti ai passanti pur di non vederlo marcire, in altre zone invece, la popolazione disperata ha forzato le saracinesche di alcuni supermercati chiusi nel tentativo di saccheggiarli.
Con il passare delle ore si scaricavano tutti gli artefatti che dipendessero dall’elettricità. Dai telefonini alle bombole di ossigeno, per non parlare di tutta l’apparecchiatura di cui dipendono gli ospedali per mantenere in vita i casi più urgenti.
In altre parole, il blackout ha messo in gioco la sopravvivenza stessa di migliaia di abitanti e, come accade spesso, alcuni non ce l’hanno fatta.
Di chi è la colpa?
Non è la prima volta che il Paese rimane al buio. Almeno dal 2013, quattro anni prima della morte di Chàvez, il settore elettrico attraversa una crisi senza precedenti.
In primis, l’ossessione ideologica di piazzare nelle cariche del settore ai fedelissimi del partito ha reso l’azienda un grande serbatoio elettorale nel quale si veniva pagati non più per garantire l’erogazione di energia elettrica al Paese, ma per fare campagna elettorale e cercare voti alle elezioni.
In pochi anni, dunque, la funzione primaria dell’azienda sarebbe stata abbandonata e tutto questo si sarebbe manifestato nella mancata manutenzione degli impianti destinati a produrre ed erogare elettricità.
Il capitolo venezuelano di Trasparenza Internazionale ha pubblicato un report in Novembre 2018, assicurando che il deficit di energia era iniziato nel 2008 durante il mandato di Chavez ed è peggiorato dopo la “nazionalizzazione” – a dire il vero, politicizzazione – del settore elettrico.
E’ nata così Corpoelec, Corporazione Nazionale Elettrica del Venezuela. Per il 2013 il regime aveva il controllo e i primi segnali della crisi iniziavano a manifestarsi.
Nello stesso anno, l’ex-presidente aveva dichiarato lo stato di emergenza nel settore, destinando la somma di 37 miliardi di dollari in almeno 40 progetti di risanamento.
Purtroppo, la corruzione era talmente presente che il sovrapprezzo delle spese aveva polverizzato circa 23 milioni di dollari all’interno dei fondi investiti.
Nonostante l’investimento miliardario, la tecnologia usata da Corpoelec è tutt’ora obsoleta. Inoltre, la mancata la manutenzione e le spese pazze all’interno del settore sono sintomi dello sperperamento e la corruzione che sono all’origine del blackout iniziato giovedì 7 marzo.
Reazioni, percezioni e realtà.
Da un lato, Maduro e i suoi eunuchi (o ministri, chiamateli come volete) parlano di “sabotaggio” o si azzardano a denunciare che il blackout sia un’attacco orchestrato Stati Uniti nel tentativo destabilizzare il Venezuela.
Il sabato 10 marzo, dopo il terzo giorno senza elettricità, Maduro ha affermato che il blackout è stato causato da un “ciberattacco da parte dell’estrema destra e dell’opposizione”.
Invece, il Ministro della Difesa, Vladimir Padrino Lopez, ha negato ogni emergenza affermando che non ci fosse nulla di importante da dire alla Nazione, invitando i venezuelani ad “unirsi contro l’attacco e alla Patria”
E mentre il complottismo, avido di teorie assurde, si mangia tutta questa narrazione, la crisi del settore elettrico colpisce in modo particolare gli ospedali del Paese.
Già in precedenza, tra novembre 2018 e febbraio 2019 si sono verificate almeno 79 morti si sono verificate negli ospedali venezuelani per causa delle improvvise interruzioni del servizio elettrico.
Tornando al blackout iniziato il giovedì 7 marzo, gli ospedali hanno denunciato una situazione a dir poco agonica. Tra i circa 329 morti delle ultime 72 ore negli ospedali si contano, almeno, 80 minorenni e più di 160 persone anziane.
Il tragico saldo lasciato dal blackout più lungo della storia venezuelana ci offre l’immagine di un Popolo che sta subendo una palese decimazione provocata sia dall’inefficacia che dalla volontà di un regime che si rafforza con l’indebolimento, la resa e la sottomissione dei propri abitanti.