
Guaidò o Maduro? Sembra come chiedersi se sia meglio finire sotto un treno o sotto un pullman.
Sarà meglio un burattino statunitense o un burattino russo-cinese?
Quando il Venezuela avrà una propria classe politica indipendente che riesca a difendersi dalle oppressive ingerenze esterne? Quando sarà capace di partorire una classe politica degna di questo nome? Quando metterà le fondamenta per la creazione di una classe civile venezuelana?
Correva l’anno 1992, quando il ricchissimo Stato del Venezuela subì il primo colpo di Stato per mano di un giovane Hugo Chavez Fria, all’epoca colonnello dell’esercito.
All’epoca c’era Carlos Andres Perez al governo e le condizioni del Venezuela non lasciavano presagire ciò che sarebbe avvenuto. Il Coup d’Etat fallì, Chavez imprigionato dovette abbandonare le forze armate e gli venne concessa l’amnistia. Iniziò lì la sua scalata ai vertici della politica. Con la promessa di una nuova Costituzione, nel dicembre 1998 vinse le elezioni col 56,2% e nel febbraio seguente col suo giuramento di investitura, inizierà la strada che lo porterà a capo di Palazzo Miraflores fino alla morte, nel 2013.
(Chavez, Kirchner, Lula da Silva: presidenti di Venezuela, Argentina e Brasile negli anni d’oro della sinistra in America Latina)
La sua politica era incentrata sull’inclusione sociale di quelle fasce di venezuelani totalmente escluse, puntando verso una rivisitazione del socialismo classico in termini democratici. Divenne di lì a poco il protettore delle fasce più basse della società, con operazioni “bolivariane” volte ad eliminare i tanti mali che affliggevano la società venezuelana, come la povertà estrema, l’analfabetismo, le cure ospedaliere e la delinquenza. Tuttavia per fare ciò si dovette mettere mano alle casse dello Stato. Nel giro di un paio di mandati si posero le basi per barattare l’estirpazione di questi mali sociali con l’apparato economico venezuelano. In pratica, il declino iniziò come in ogni esperienza socialista finora vista: con lo smantellamento della classe aziendale. Lo Stato necessitava di soldi per le opere pubbliche, si pensò bene di nazionalizzare tutte le risorse ponendo ai vertici delle nuove aziende di Stato i fedeli al governo. Esulando dalla logica di mercato, queste ditte non riuscirono a tenere il passo con la concorrenza globale e in pochi anni, nonostante i buoni propositi di Chavez, l’economia iniziò a tracollare, aiutata anche dal crollo del prezzo del greggio, su cui si basava quasi tutta l’economia di Caracas.
Dopo lo smantellamento dell’economia, con Maduro, dal 2013, si ebbe il finale e definitivo smantellamento delle istituzioni liberali.
Alla fine il ricco Venezuela si è ritrovato senza la propria ricchezza e con una povertà addirittura aumentata, così come i crimini violenti. Mentre i governi filo-USA pre-1998 non erano riusciti (e forse neanche importava) a risolvere i mali sociali ma erano riusciti a rendere il Venezuela un attore di ampio rilievo sullo scacchiere mondiale, con l’esperienza socialista i poveri hanno avuto un attimo di respiro a danno di tutta la società e anche di se stessi. Ciò ha portato il Venezuela a necessitare nuovamente l’odiata ingerenza esterna, ma non si poteva tornare da Washington, quindi si è cercato altrove.
Il Venezuela è oggi in mano a Pechino e Mosca, che nel paese dell’Orinoco vantano crediti miliardari a cui non intendono per nulla rinunciare. Per il socialismo, il Venezuela ha peggiorato le condizioni economiche di tutti, anche dei poveri, ed è ora costretto a subire le decisioni di paesi esterni, sia alleati che nemici.
Il 5 gennaio 2019, il governo di Nicolas Maduro ha subito una importantissima sconfitta. Infatti alle elezioni generali, il Parlamento è finito sotto il controllo dell’opposizione filo-USA e alla presidenza della camera è stato eletto Juan Guaidò, che il 23 gennaio si proclamò presidente ad interim. Immediato il riconoscimento da parte di Washington. Fin troppo immediata. Che gli USA non abbiano mai digerito la presidenza Chavez e il suo anti-imperialismo non era mai stato un segreto, ora con Guaidò e con l’opposizione al regime sempre più forte, Washington non poteva stare a guardare. Dietro Guaidò pare ormai chiaro che ci siano interessi stranieri, come anche dietro Maduro.
Il problema del Venezuela è proprio questo: non sembra avere vie di uscita che non prescindano dall’ingerenza estera.
Nel prossimo articolo: i pericoli internazionali legati alla legittimità del presidente Juan Guaidò.