Liste d’attesa interminabili e molti cittadini lasciati senza cure. In una situazione difficile, come quella che sta vivendo la sanità, che ruolo potrebbero avere le farmacie?
Da luogo in cui si acquistano i farmaci a presidio sanitario in cui effettuare esami del sangue, screening e prenotazione visite: è quasi una rivoluzione quella che ha visto protagoniste le farmacie italiane negli ultimi 10 anni, e il percorso è ancora lontano dall’esser terminato. E’ questo uno dei temi al centro degli Stati Generali della Farmacia, ospitati a Roma.
Risale al 2009 la normativa che ha previsto la nascita della cosiddetta ‘farmacia dei servizi’. Dieci anni dopo, secondo una recente indagine, in oltre 6 presidi di croce verde su 10 è presente il servizio CUP per la prenotazione di prestazioni sanitarie; in quasi 8 su 10 si erogano esami clinici come glicemia e colesterolo; quasi 9 su 10 partecipano a campagne di prevenzione e screening.
Buondì Ma solo il 7% delle farmacie viene coinvolto nell’erogazione dell’Assistenza Domiciliare Integrata. E ancora poco, ha sottolineato il presidente Marco Cossolo, “si fa per coinvolgere le farmacie nell’aderenza terapeutica: portarla dal 40% attuale al 100%, nelle principali patologie croniche, corrisponderebbe a un risparmio si 3,7 milioni di euro per la sanità pubblica”. Tra i nodi affrontati, quello della distribuzione diretta dei farmaci, sempre più spesso tolta alle farmacie e spostata a carico del cittadino, che deve personalmente andare a ritirarli presso ospedali o centri di erogazione delle Asl. “La spesa farmaceutica convenzionata, in pochi anni – precisa Cossolo – ha perso 45 milioni di confezioni di medicinali, che sono quelle passate in distribuzione diretta. Ma questo rappresenta un aggravio di costi sociali sul cittadino, che deve far chilometri per andare a prenderli”.
Rivedere le regole della distribuzione diretta, sarà uno dei temi sul tavolo per il rinnovo della convenzione tra SSN e farmacie. Tavolo a cui chiederemo, ha concluso, “una nuova remunerazione, meno incentrata sul prezzo del farmaco e collegata, invece, ai servizi sempre più complessi che il farmacista è chiamato a svolgere in una società che invecchia, a partire proprio dal monitoraggio dell’aderenza alla terapia in particolare nei malati cronici”.
Sarà più difficile nei piccoli centri. Le farmacie, punto di riferimento per milioni di cittadini che vivono in piccoli paesi di montagna o nelle isole, lottano per sopravvivere, tra fatturati che diminuiscono e difficoltà di gestione. “Se continua così, almeno un migliaio sono a rischio chiusura”, aveva sottolineato qualche giorno fa Silvia Pagliacci, presidente del Sunifar, il Sindacato dei Farmacisti Rurali di Federfarma.
Sono chiamate ‘farmacie rurali’ quelle che si trovano in centri abitati sotto i 5.000 abitanti, e sono equamente distribuite a Nord, Centro e Sud Italia: alcune regioni ne hanno una maggior presenza come Sardegna (318), Veneto (545), Calabria (472), Piemonte (697), Toscana (438), Emilia Romagna (521). Ben 2.000 sono in comuni sotto i 1.500 abitanti e 274 in comuni con meno di 500 abitanti, dove i residenti sono pochi, anziani e a basso reddito. “In questi particolari casi spesso le spese di gestione e le tasse annullano quasi i guadagni”, ha affermato Pagliacci.
A monte del problema vi è lo spopolamento dei piccoli centri e la riduzione progressiva dei servizi fondamentali, che ha un riflesso sui consumi di medicinali. Ma non è l’unica criticità. “Tra i motivi di difficoltà – precisa – oltre all’aumento della vendita di farmaci equivalenti (su cui la farmacia ha minor guadagno), vi è la scelta delle regioni di diminuire la Distribuzione di Farmaci per Conto, a favore della Distribuzione Diretta: questo significa che il paziente che prima ritirava i medicinali dispensati dal Servizio Sanitario Nazionale nella farmacia sotto casa ora deve andare a ritirarli in ospedale o centri di erogazioni delle Asl, tra l’altro a sue spese e con problemi di spostamento”.
Le farmacie ubicate in località scarsamente abitate e difficili da raggiungere sono diventate dei veri e propri presidi di salute che forniscono un servizio utile e indispensabile alla popolazione, rimanendo l’unica porta di accesso sul territorio al SSN. La scelta di insistere sulla distribuzione diretta dei farmaci sta portando alla chiusura delle piccole farmacie rurali e rappresenterà un’enorme criticità poiché rischia di andare a sparire l’unico presidio sanitario presente.
Ad esempio da novembre, e per un intero anno, l’elettrocardiogramma nei 58 piccoli Comuni del palermitano si fa in farmacia. E’ possibile recarsi in una delle 42 farmacie rurali che hanno aderito all’iniziativa, per effettuare l’esame e ottenere online entro 15 minuti il referto di un cardiologo dell’Unità di malattie cardiovascolari dell’Università di Brescia o di uno dei cardiologi ospedalieri del network Htn. In caso di evidenza anomalia, alla farmacia verrà inviato subito un alert e il cardiologo fornirà telefonicamente indicazioni al cittadino.