
Terremoto nella politica britannica. Sette deputati laburisti della Camera dei Comuni hanno rassegnato le loro dimissioni dal gruppo parlamentare e hanno abbandonato il partito. Le motivazioni che stanno alla base di questa drammatica scelta sono numerose e non riconducibili unicamente alla crisi politica innescata dalla Brexit.
I sette deputati che hanno abbandonato il partito, infatti, non si limitano a criticare l’approccio del leader Jeremy Corbyn ai negoziati per la Brexit, né il suo modo di fare opposizione al governo conservatore della primo ministro Theresa May. I deputati scissionisti sono entrati in rotta di collisione con il partito per quello che adesso, secondo loro, rappresenta e per i valori di cui si è fatto portatore. Le ragioni che hanno portato alla scissione, quindi, hanno a che fare con l’identità del partito laburista e non sono riconducibili solamente alla Brexit, che tuttavia sta mettendo a durissima prova tutti gli schieramenti politici britannici.
La scissione si è tradotta immediatamente nella nascita di un nuovo soggetto politico. È nato The Independent Group,che promette di essere portatore di quei valori che un tempo erano rappresentati dal partito laburista. Valori progressisti che vogliono tutelare il libero mercato, purché regolato, e assicurare la fornitura di servizi sociali alla collettività, nel rispetto reciproco delle opinioni altrui e nella strenua difesa del principio di tolleranza. Gli undici valori che fanno da fondamenta del nuovo soggetto politico britannico sono stati enunciati in un manifesto evocativamente definito “Dichiarazione d’Indipendenza” (Statement of Independence), in cui vengono anche dichiarati alcuni dei motivi che hanno portato alla scissione dai laburisti. In realtà l’intenzione dell’Independent Group è molto più ambiziosa. “Il nostro scopo è di perseguire politiche basate sui fatti, e non sull’ideologia, assumendo una prospettiva di lungo termine rispettosa dell’interesse nazionale per affrontare le sfide del 21° secolo, piuttosto che le vecchie politiche del 20° secolo basate sull’interesse del partito”. I deputati scissionisti accusano la leadership laburista di “perseguire politiche che indebolirebbero la sicurezza nazionale”, di aver fallito nel tentativo di “fornire una forte e coerente alternativa all’approccio conservatore” alla Brexit, di “essere ostile alle aziende, piccole e grandi” e di “minacciare la destabilizzazione dell’economia britannica perseguendo obiettivi ideologici”.
Tra le cause che hanno portato alla scissione vi sarebbe anche l’inazione da parte della leadership nei confronti di atteggiamenti di antisemitismo istituzionalizzato presenti in modo diffuso nel partito. Nella dichiarazione d’indipendenza si legge che “oggi, l’odio viscerale verso altre persone, punti di vista e opinioni differenti sono la normalità dentro ed intorno al partito laburista”. Un cambiamento che va al di là di ogni immaginazione secondo i sette scissionisti, soprattutto considerando che una volta il partito “era impegnato a tutelare lo spirito di solidarietà, rispetto e tolleranza”.
The Independent Group si presenta come un soggetto politico più centrista e progressista rispetto al partito laburista, di cui vuole riesumare i valori che esso avrebbe abbandonato. Ma l’Independent Group, come si legge nell’ultima riga della sua dichiarazione d’indipendenza, è aperto ai membri di tutti i partiti politici britannici.
Le ripercussioni che questa frattura avrà nella politica britannica non sono ancora chiare. Indubbiamente la scissione è un duro colpo alla leadership di Jeremy Corbyn, il quale viene delegittimato nel suo ruolo di leader del partito. Non è da escludere che la lista dei fuoriusciti si allunghi. Evidentemente, occorre fare qualcosa per sanare la frattura identitaria del partito ed evitare che altri deputati lo abbandonino. Di questo compito dovranno farsi carico rapidamente Corbyn e il gruppo dirigenziale.
Finora siamo stati abituati a pensare che i conservatori fossero il partito politico britannico maggiormente diviso al suo interno. Da una parte i fautori della Brexit dura, capitanati dall’ex ministro degli esteri Boris Johnson e dal deputato Jacob Rees-Mogg; dall’altra i sostenitori della Brexit morbida, che fanno capo alla primo ministro Theresa May. E invece, inaspettatamente, è il partito laburista quello che si è rivelato più diviso. Infatti, qui la frattura interna è addirittura degenerata nella scissione, cosa che nei conservatori, per ora, non è avvenuta.
La scissione del partito laburista è il sintomo di una classe dirigente che ha perso la bussola, travolta dalla questione della Brexit che ha egemonizzato il dibattito pubblico, mettendo in secondo piano qualsiasi altro argomento, tra cui, a quanto pare, anche i valori e le idee fondanti del principale partito d’opposizione.