Il vicepremier e ministro Luigi Di Maio ha individuato nel presunto neocolonialismo francese la causa non solo del mancato sviluppo del continente africano, bensì dell’immigrazione clandestina che ha per destinazione le coste italiane. La dose è stata rincarata dal suo collega di partito Alessandro Di Battista che, mentre era ospite di Fabio Fazio su Rai1, ha stracciato un facsimile di una banconota di Franco Cfa, moneta stampata in Francia e utilizzata in 14 paesi africani. A detta dei due esponenti pentastellati, tale valuta sarebbe lo strumento utilizzato da Parigi per sottomettere buona parte dell’Africa ai suoi interessi ed impedirne lo sviluppo, causando così il flusso migratorio che giunge fino all’Italia.
È questo, ahinoi, il tema di cui si è discusso negli ultimi giorni. In un paese sull’orlo della recessione e con un’economia stagnante, dove non si investe in istruzione e nel futuro dei giovani e dove il Sud è destinato inesorabilmente ma silenziosamente a diventare un deserto economico e demografico sempre più egemonizzato dalla criminalità organizzata, i mezzi d’informazione hanno speso tempo e risorse per sconfessare l’ennesima sparata di Di Maio e compagnia bella, spiegando dettagliatamente cos’è il franco cfa, dove viene utilizzato e per quale motivo.
Le ragioni però che stanno dietro a questa palese bufala sono lampanti: strumentalizzare l’immigrazione da una nuova prospettiva (quella del presunto neocolonialismo) per toglierne il monopolio a Salvini e criticare l’operato della Francia e dell’Unione Europea in Africa; indebolire lo status internazionale della Francia per incrinare l’asse Parigi-Berlino e, possibilmente, sostituire Roma con Parigi. Il tutto rientra, ovviamente, nella corsa alle elezioni europee del prossimo maggio.
Mancano quattro mesi al 26 maggio e perciò siamo a tutti gli effetti in campagna elettorale. Le pesanti accuse di Di Maio e Di Battista vanno quindi considerate in questo senso, come proclami elettorali fini a se stessi. Tale interpretazione è stata confermata dal ministro degli esteri Enzo Moavero Milanesi, il quale ha dovuto mettere una pezza sull’insensato incidente diplomatico causato dal suo collega. Le dichiarazioni di Di Maio sono parte del dibattito che ci accompagnerà verso le elezioni europee: dobbiamo abituarci a questi toni ha dichiarato ieri il ministro Moavero Milanesi, nel tentativo di calmare gli animi irritati dei francesi. Inoltre, ieri l’altro l’ambasciatrice italiana a Parigi è stata convocata al ministero degli esteri francese per fornire spiegazioni sulla vicenda.
Dichiarazioni come quelle di Di Maio e Di Battista sono mere provocazioni prive di valore che non meritano alcun approfondimento. Il punto della questione non è se gli immigrati provengono da paesi che adottano il franco cfa o se gli Stati africani possono scegliere la propria valuta in modo indipendente. A nessuno importa un bel niente di questo franco cfa. Il punto è che la maggioranza di governo sta facendo campagna elettorale sulla pelle delle relazioni diplomatiche con la Francia, danneggiandole deliberatamente facendo leva sull’antipatia popolare diffusa verso i cugini d’Oltralpe. Un conto è criticare i francesi quando scaricano di straforo gli immigrati appena al di là del confine o quando vengono a darci lezioni sull’accoglienza degli immigrati proprio quando loro basano la loro politica d’accoglienza sul rifiuto di chiunque tenti di oltrepassare il confine. In tali casi la polemica è legittima. Ma adesso la maggioranza si è messa a criticare la Francia di sana pianta.
Da quando si è insediato il governo Conte il battibecco tra Roma e Parigi è un continuo. Sembra però che il vicepremier Di Maio stia deliberatamente operando per indebolire e delegittimare il governo francese. Ancora più gravi delle ultime dichiarazioni sul presunto neocolonialismo francese sono state le aperture fatte nelle scorse settimane dal leader del Movimento 5 Stelle verso i gilet gialli. Mentre Parigi ha accusato Di Maio di tramare per indebolire il governo fomentando la rivolta, i gilet gialli hanno respinto al mittente il corteggiamento. Da che parte sta Di Maio? Dalla parte di quel governo che è nostro storico partner politico e commerciale oppure dalla parte di quei protestanti, non di rado violenti, che vogliono sovvertire il suddetto governo?
Di Maio, Di Battista e Salvini fingono di non rendersi conto che la Francia è stata, è e sarà un imprescindibile partner politico e commerciale del nostro paese, oltre che alleato in seno alla Nato. Essi fingono di ignorare il fatto che buona parte delle esportazioni italiane hanno per destinazione la Francia, come ignorano anche l’importanza della cooperazione economica e politica tra i due paesi. Da politici deprecabili e poco lungimiranti quali che sono sottomettono la buona salute delle relazioni italo-francesi al consenso elettorale. Invece di fare proposte concrete per riformare l’Unione, essi fanno polemica e giocano incuranti con le relazioni tra Roma e Parigi per poter ottenere una manciata di voti in più. D’altro canto, attualmente all’Eliseo risiede un europeista moderato cresciuto negli ambienti della finanza internazionale e delle banche.
La nemesi per eccellenza dei cosiddetti populisti euroscettici della Lega e del Movimento 5 Stelle, che si autoproclamavano difensori del popolo dalle ingerenze della finanza internazionale e delle banche, nel mentre andavano a New York a stringere la mano ai capi del fondo d’investimento Blackrock. La campagna diffamatoria intrapresa dalla maggioranza di governo ai danni della Francia non fa bene a nessuno, né all’Italia, né alla Francia né all’Unione Europea. Agire in questo modo significa minare la tenuta dell’Unione stessa, acuendone la sua crisi. Un cieco autolesionismo che viene inflitto a tutta l’Unione Europea solo per avere qualche voto in più a maggio.
Il tutto a dimostrazione dello scarso valore politico che caratterizza i leader dei partiti di maggioranza.