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Vent’anni di Euro fra progresso e scetticismo

| 11 Gennaio 2019 | ECONOMIA, ESTERI

Proprio questo capodanno la moneta unica ha compiuto 20 anni. Ma perché è nata? Siamo sicuri che funzioni davvero?

Sin dal 1929, poco prima che scoppiasse la Crisi del Black Thursday di Wall Street e che in Germania emergesse il nazismo, in un periodo di grande quiete prima della tempesta, i Paesi europei formularono un primo progetto di unione monetaria del vecchio continente. Mossa, questa, atta a obbligare alla pace i Paesi membri, nonché ad abbattere le barriere doganali e quindi favorire un graduale miglioramento delle condizioni di vita.

Il tutto fu ovviamente interrotto dalla crisi del ’29, che segnò un acuirsi del protezionismo economico, un peggioramento delle condizioni di vita, la cessazione della cooperazione fra Stati europei e di lì a poco, lo scoppio della seconda guerra mondiale con le conseguenze che tutti conosciamo.

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Durante la guerra si delineerà quello che dovrà essere il mondo di domani: con Roosevelt si apre lo scacchiere mondiale come lo conosciamo oggi. Uno scenario che con tutti i difetti che riscontra, è finora quello che nella storia dell’umanità è riuscito a garantire la maggior coordinazione possibile a livello mondiale. Questa “coordinazione”, che altro non è che una vasta rete istituzionale internazionale, ha permesso il nascere delle società più sviluppate e progredite che la storia abbia conosciuto.
Vero è che il commercio può esistere senza istituzioni, ma non può fiorire. Le regole comuni, la tutela dei contratti, un’efficiente comunicazione e un sistema per dirimere le controversie sono indispensabili affinché un mercato primitivo prosperi raggiungendo ogni cittadino sul pianeta.

Ma un’Europa che dalla caduta dei romani non ha politicamente visto molto altro che disunione e guerre, alla fine del secondo conflitto mondiale e grazie alla polarizzazione anti-sovietica, ha deciso di porre fine a quel millenario periodo fratricida. Porre fine alle guerre, significa ovviamente, porre fine al pregiudizio nazionale, secondo cui ogni Stato ha diritto naturale di fare ciò che vuole e come vuole. Ridurre la sovranità è diventato quindi il primo obiettivo, necessario affinché i singoli Stati non potessero più perseguire i propri interessi nazionali a discapito degli altri, ma esclusivamente con gli altri e a mutuo beneficio.

Perché è nato l’euro?
La Germania, prima della sua unificazione avvenuta nel 1871, era una costellazione di statarelli simile all’Italia pre-unitaria, nonché simile a quello che è stato il vecchio continente dalla caduta dell’Impero romano fino ai giorni nostri.
Gli statarelli tedeschi decisero saggiamente di introdurre lo Zollverein, che altro non era una unione doganale. L’abbattimento delle barriere, la circolazione di capitali e l’unificazione delle valute, sono le anticamere di una graduale transizione di sovranità dai micro-enti (ad esempio gli statarelli tedeschi pre-unitari) al macro-ente, ovvero lo Stato tedesco.

Strumento economico per un fine politico
Lo scopo quindi della moneta unica, entrata in vigore il primo gennaio del 1999, non è solo quello di facilitare lo scambio delle merci, ridurre l’inflazione e aumentare il potere d’acquisto degli Stati membri. Lo scopo a lungo termine della moneta unica è quello di porre gli Stati nazionali in una situazione in cui sarà più conveniente unirsi piuttosto che frammentarsi. Il problema sorge nel momento in cui, avendo una moneta unica, i diversi Stati si rifiutino di cooperare. Che è quanto che a grandi linee sta avvenendo in questo momento.

Uno scenario dove due Stati collaborano e si vincolano a vicenda abbassando le barriere economiche, è uno scenario in cui i cittadini di entrambi gli Stati godono di condizioni più favorevoli. Adesso consideriamo un passo successivo, cioè uno scenario in cui non solo le barriere economiche siano abbassate, ma in cui anche il mezzo di scambio (la moneta) sia unico fra i due Stati. In questo modo gli Stati spartiscono il potere di politica monetaria limitando quindi la possibilità di stampare moneta. Se in questo scenario i due smettono di cooperare, è la fine, perché si ritornerebbe alla prima fase in cui entrambi competono e gli standard di vita si riducono. Infatti, la logica consequenzialità di una politica monetaria comune è infatti una politica bancaria comune, una politica fiscale comune e una unificazione graduale dei debiti.
Nel lungo termine è l’economia a dettare le regole della società, non la politica: per questo l’unificazione europea è stata pensata in termini economici prima che politici.
Adesso serve che siano gli Stati membri a prendere coscienza dello scenario e mettere da parte gli umori degli elettorati nazionali. Infatti, come è stato sopra evidenziato, è errato seppur largamente diffuso parlare sia di “cessione” di sovranità sia di “cessione” della politica monetaria.
Nulla di tutto ciò viene ceduto. Infatti sarebbe corretto parlare di transizione della sovranità così come di suddivisione del potere monetario. Ogni singolo Stato europeo ha voce in capitolo circa la politica monetaria, semplicemente deve trovare un compromesso con gli altri membri. I cittadini di ogni singolo Stato europeo stanno trasferendo la propria sovranità dallo Stato di appartenenza all’Unione Europea, che al momento è l’istituzione al mondo con i più alti standard di vita, di diritti e di libertà.
Chi perde sovranità è lo Stato, non il cittadino.
Il cittadino avrà come referente sempre più l’Unione e sempre meno lo Stato di appartenenza.

In sintesi, il 2019 è l’anno in cui il progetto di unificazione europea compie 20 anni.
E’ un progetto federativo sui generis unico al mondo da cui potrebbe nascere una la prima federazione nata senza spargimenti di sangue.

TAG: Cessione di sovranità, Euro, Europa, euroscetticismo, Eurozona, Italia, pregiudizio nazionale, Sovranità, Unione bancaria, unione doganale, Unione Economica e Monetaria, Unione Europea
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