La catastrofica guerra civile yemenita continua senza dare un attimo di tregua a una popolazione stremata che sta vivendo la peggiore crisi umanitaria al mondo. A peggiorare le cose, nelle ultime due settimane vi è stata un escalation di violenza lungo la costa occidentale del paese. Le milizie fedeli all’ex presidente Hadi, supportate dal cielo dalla coalizione a guida saudita, hanno lanciato un’offensiva per espugnare la città di Al-Hudaydah (traslitterato anche Al-Hodeida) che è sotto il controllo delle milizie Houthi dal 2014.
Occorre fare una brevissima precisazione terminologica. Houthi è il nome ufficioso del gruppo armato Ansar Allah, fedele alla setta sciita dello zaidismo. Tale gruppo e i suoi appartenenti vengono detti Houthi in onore del fondatore e primo leader dell’organizzazione, ovvero Hussein Badreddin Al-Houthi.
L’offensiva, iniziata lo scorso 1° novembre, è in realtà la terza fase di una battaglia che viene combattuta a fasi alterne dall’inizio di giugno. Da diversi mesi le truppe filo-governative tentano di conquistare la città ma finora l’unico risultato dei combattimenti è stata la morte di migliaia di persone.
Al-Hudaydah ha un importante valore strategico-militare in quanto città portuale che si affaccia sul Mar Rosso. Le milizie appoggiate dai sauditi vogliono prendere la città poiché si tratta dell’unico grande porto in mano agli Houthi. La conquista della città da parte dei filo-governativi sarebbe una gravissima sconfitta per Ansar Allah poiché esso perderebbe un importante base di rifornimento. Ma se Al-Hudaydah è molto importante dal punto di vista strategico-militare, dal punto di vista umanitario il suo valore è inestimabile. Si stima infatti che per il porto di Al-Hudaydah passi circa l’80 % del cibo e degli aiuti umanitari destinati allo Yemen. Com’è noto la situazione umanitaria interna al paese è catastrofica. Almeno 14 milioni di persone (su una popolazione di circa 24 milioni) soffrono di insicurezza alimentare e le Nazioni Unite, insieme a diverse organizzazioni umanitarie, hanno messo in guardia dal rischio che milioni di persone muoiano di fame. Oltre a ciò, nel paese si sta diffondendo un’epidemia di colera mentre a causa del blocco aero-navale imposto dall’Arabia Saudita manca qualsiasi tipo di bene di primaria necessità, medicinali e cibo inclusi.
In meno di due settimane la battaglia ha causato già centinaia di vittime. I morti sarebbero circa 600. Tra domenica e lunedì, nel giro di appena 24 ore, ci sarebbero stati ben 149 morti di cui 110 miliziani Houthi, 32 soldati delle milizie filo-governative e 7 civili. Le truppe supportate dalla coalizione a guida saudita hanno raggiunto la periferia orientale della città ma sono state respinte dopo un feroce scontro casa per casa dai miliziani sciiti.
Al-Hudaydah è una città fondamentale per il rifornimento degli aiuti umanitari di cui milioni di persone hanno un bisogno disperato. Se lo scontro armato dovesse raggiungere il porto e danneggiarlo irreparabilmente, la situazione umanitaria della popolazione yemenita peggiorerebbe ulteriormente. A quel punto, l’eventualità di un’ecatombe causata da fame e malattie sarebbe sempre più certa. Nella battaglia di Al-Hudaydah non si decide il destino di una campagna militare, bensì quello di milioni di civili.
Nel frattempo, pare che alcuni governi occidentali stiano iniziando ad assumere un tono critico nei confronti di quello che l’Arabia Saudita sta facendo nello Yemen. In seguito all’assassinio del giornalista Jamal Khashoggi a Istanbul lo scorso mese, il quale fu un tenace oppositore dell’intervento militare, la reputazione di Riad ha subìto un brutto colpo. L’alleanza di ferro con gli Stati Uniti si è incrinata mentre diversi governi hanno accusato Riad per i bombardamenti indiscriminati che stanno uccidendo migliaia di civili yemeniti. La portavoce del dipartimento di Stato americano Heather Nauert ha dichiarato in un comunicato che il segretario di Stato Mike Pompeo ha chiesto “la cessazione delle ostilità nello Yemen” con l’auspicio che “tutte le parti si siedano a un tavolo per negoziare una risoluzione pacifica del conflitto insieme all’inviato delle Nazioni Unite”. Gli Stati Uniti iniziano a fare pressione sull’alleato saudita. La scorsa settimana l’amministrazione americana ha cessato i rifornimenti in volo di carburante agli aerei dell’aviazione di Riad che conducevano i bombardamenti nello Yemen. Il ministro degli esteri britannico James Hunt la pensa in modo simile a Pompeo. “Il costo umano della guerra nello Yemen è incalcolabile: milioni di rifugiati, fame e malattie dilagano, uno spargimento di sangue che dura da anni, l’unica soluzione ora è mettere da parte le armi”. Nonostante le aperture diplomatiche favorevoli a una soluzione politica della sanguinosa guerra civile che si trascina da più di tre anni e mezzo, Stati Uniti e Regno Unito continuano a vendere armi all’Arabia Saudita.
L’esito della battaglia di Al-Hudaydah sarà cruciale non solo per quanto riguarda gli aspetti strategico-militari del conflitto, ma soprattutto per le conseguenze che avrà a livello umanitario. Il porto della città è indispensabile per far arrivare gli aiuti alla popolazione.
Nel frattempo, come sempre, la guerra civile yemenita continua ad essere quasi del tutto assente sui mezzi d’informazione mainstream. “La verità è che si tratta di un paese povero, piccolo, ininfluente in termini politici su scala globale e quindi ignorato. Nessuno sembra avere a cuore il destino dello Yemen” è questo lo sfogo di Silvia Colombo, ricercatrice dell’Istituto Affari Internazionali (Iai) e responsabile del programma “Mediterraneo e Medio Oriente”. Ad ogni modo, con o senza la consapevolezza dell’opinione pubblica, milioni di civili yemeniti rischiano seriamente di morire di fame.