Da Pierino e il lupo qualche anno dopo … variazione sul tema torna a Roma al Teatro Ghione (http://www.teatroghione.it/) , dall’11 al 16 dicembre. Lo spettacolo, con la regia e le coreografie di Micha van Hoecke, ha aperto la stagione del Teatro dell’Industri a Grosseto il 4 novembre e sarà al Teatro Parenti di Milano il 6 e 7 marzo 2019.
Un gradito ritorno nella capitale per il coreografo e regista di origine russa con il capolavoro di Sergej Prokofiev, sulle note del quale aveva già danzato Maurice Béjart. Il celebre poema sinfonico è stato riveduto e corretto da Micha van Hoecke, che porta in scena star internazionali del calibro di Luciana Savignano e Denis Ganio accanto a Miki Matsuse, Manuel Parruccini, Yoko Wakabayashi, Viola Cecchini, Karen Fantasia e alle giovanissime Floriana Caroli e Martina Parruccini (13 anni).
Creando storie dentro le storie ed evocando luoghi dentro altri luoghi, in un rutilante alternarsi di immagini sceniche e coreografie, Micha dimostra che sul palcoscenico l’inferno in terra si può sublimare in paradiso ed evocare, grazie all’arte, una dimensione libera e gioiosa.
L’inizio richiama alla mente suggestioni beckettiane: Vladimiro ed Estragone attraversano uno specchio di Lewis Carroll, ma invece d’imbattersi nel Bianconiglio, nella Lepre Marzolina e nel Cappellaio matto incontrano l’anatra, l’uccellino, il gatto e i cacciatori dell’opera di Prokofiev.
Il lupo, annunciato dal suono tetro e seduttivo dei corni, è uno spelacchiato “blouson noir”: un tipico rappresentante della gioventù bruciata parigina degli anni Cinquanta. Un lupo quasi esistenzialista, un “umano carnivoro” che con la voce di Serge Reggiani canta “Les loups sont entrés dans Paris”, allegoria dell’occupazione nazista e ode alla resistenza. La ville de lumière fa da sfondo alla vicenda attraverso riferimenti musicali inequivocabili, da Charles Aznavour a Riccardo Cocciante, da Dalida a Alain Delon. Non è tuttavia una Parigi definita, ma la Parigi sognata, o che ognuno immagina nella propria mente.
Nel Duetto buffo di due gatti di Rossini, i clarinetti accompagnano una sensualissima Luciana Savignano che si flette con movenze feline nella notte. Sullo sfondo, un riferimento all’autunno della vita in “Que reste-t-il de nos amours / Que reste-t-il de ces beaux jours / Une photo, vieille photo / De ma jeunesse”, di Charles Trenet.
La presenza di Pierino, che rappresenta la libertà, la natura, il coraggio e l’incoscienza, è annunciata dalla stessa incantevole musica per archi di Prokofiev. Di una semplicità disarmante e di una bellezza atemporale.
“Riprendendo in mano il mio Pierino e il Lupo”, ha commentato van Hoecke, “mi sono interrogato sull’attualità del suo messaggio. Nulla di scontato, di vecchio: è uno spettacolo adatto al pubblico di ogni età. Perché oggi più che mai ognuno di noi, come Pierino, dovrebbe avere il coraggio le forze del male. Per un futuro diverso, migliore”. Ed è vero che nella rivisitazione di van Hoecke, la storia di Pierino e il lupo viene promossa da raffinato racconto per bambini, con l’obiettivo di far conoscere loro gli strumenti dell’orchestra, a spunto di riflessione sulla vita che coinvolge anche un pubblico più adulto.
Il messaggio si impernia sul valore dell’arte come strada per giungere ad una dimensione cosmopolita, illuminista e tollerante, contrapposta all’umano degradato simboleggiato dal lupo. Una funzione redentrice, quella dell’arte, che sa far sorridere, ridere e ispirare. Una funzione che il mondo ha dimenticato, per farsi divorare da un tetro e distruttivo globalismo di matrice anglosassone.
Condivido in questo senso l’analisi di Marcantonio Lucidi, racchiusa in una semplice domanda: “Quando i banchieri, gli economisti, gli speculatori, i lupi lasceranno in pace gli uomini, consentendo loro di scrivere, disegnare, suonare, ballare e recitare nella Parigi della loro immaginazione?” (http://marcantonioluciditeatro.it/)