
Era un venerdì qualsiasi, le persone affollavano le strade di quella Parigi multiculturale. C’erano – come sempre – scelte per tutti i gusti: la preoccupazione della maggioranza dei Parigini non stava mica nella sopravvivenza, ma nel decidere se andare a un concerto, al ristorante oppure allo Stade de France, dove les Bleus ospitavano la nazionale tedesca in una partita amichevole. Tutto indicava il trascorrere di una serata nella rumorosa normalità che soltanto la capitale francese può offrire.
Anche la politica poteva staccare la spina e di fatto qualcuno lo fece: L’allora presidente Francois Hollande decise di recarsi allo Stadio e vedere la partita insieme al Ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeir. Come al solito, Parigi e Berlino si scontravano, questa volta in un Derby tra le rispettive nazionali di calcio.
Era quel tipo di serata dove tutti potevano permettersi di rilassarsi, distrarsi e poi addormentarsi. Tutti tranne la polizia, i servizi, gli ospedali e chiunque si trovi condannato a preservare quella normalità astratta che chiamiamo pace, che tutti si godono ma nessuno ringrazia. Quella stessa pace che si da per scontata ma che quando viene a mancare lascia delle tragedie e perdite di vite umane nella sua assenza come è accaduto esattamente quel venerdì 13 Novembre che ha segnato un prima e un dopo nella vita dei parigini e non solo.
Col trascorrere della serata, venti minuti dopo l’inizio dell’amichevole Francia-Germania, un boato nei pressi dello Stade de France annuncia la prima esplosione e, purtroppo, la prima vittima. Subito dopo, nell’arco di 20 minuti c’è stata una seconda esplosione davanti a un fast food, sempre nelle vicinanze dello Stade de France. Nel frattempo, almeno 3 sparatorie imperversavano quella che si sarebbe rivelata la notte più buia degli ultimi anni per i francesi, lasciando un saldo di 39 morti e 27 feriti. Il terrore si estendeva dall’incrocio di Rue Alibert fino a Rue de Charonne.
D’altronde, mentre suona un concerto del gruppo Eagles of Death Metal al Teatro Bataclan, tre terroristi equipaggiati di AK-47 aprono fuoco contro la folla di spettatori interrompendo il brano “Kiss The Devil” tra gli spari e il grido blasfemo “Allah Akbar”. Gli attentatori spararono indiscriminatamente alle 1.500 persone radunate per il concerto uccidendone alcune e ferendone altre. Sempre vicino al Bataclan arriva un’altra esplosione che lascia 15 feriti e viene seguita da un’esplosione successiva presso lo Stade de France, di nuovo, che lascia altri 11 feriti gravi.
Le forze dell’ordine reagirono circondando posti appena elencati, ma era tardi, la normalità era saltata e si sono perse tante vite. La pace latitava in una notte che giungeva ormai al suo termine.
L’attacco terroristico aveva lasciato, nel suo complesso, il saldo di oltre 130 morti e più di 413 feriti. Sebbene, Parigi aveva già vissuto un anno segnato da alcuni episodi terroristici, l’attacco di quel 13 Novembre segnarono un prima e un dopo nella vita della città.
Oggi si commemorano esattamente tre anni da quell’attentato ed è un dovere rendere onore alle vittime di questa tragedia e, anche se il terrorismo sembra lontano dalle nostre porte ormai, bisogna impedire che nuove manifestazioni di intolleranza, radicalizzazione e fondamentalismo feriscano il cuore della nostra civiltà.
Dall’esperienza di Parigi notiamo che quella pace, venuta a mancare il 13 Novembre 2015 non è poi così scontata ma è il frutto di innumerevoli sforzi realizzati per costruirla, mantenerla e poterla garantire in futuro.