Il Populismo (quello odierno), secondo il vocabolario Treccani, è un “atteggiamento ideologico che, sulla base di principi e programmi genericamente ispirati al socialismo, esalta in modo demagogico e velleitario (irrealistico) il popolo come depositario di valori totalmente positivi “.
In Italia, negli ultimi mesi, questo fenomeno è più che mai presente, nonché popolare.
Ma perché?
Esso, il Populismo, trova campo fertile ove spadroneggiano l’individualismo, l’anti-politica e il disinteresse verso la realtà sociale, tre condizioni senza alcun dubbio presenti nel nostro Paese.
Il primo è l’individualismo, perché favorisce il risentimento nei confronti di entità esterne alla propria persona o al proprio nucleo sociale. Infatti, un popolo che vive in una condizione disagiata, tende ad accettar più volentieri l’ipotesi che questo disagio sia causato da un ente esterno (l’Europa, gli immigrati, la classe politica, se intendiamo per “popolo” la gente comune), magari hanno pure ragione, ma ciò interessa poco al demagogo populista, infatti: se il popolo disagiato ha già individuato un “colpevole”, il populista, che indosserà i panni del “paladino degli oppressi” lotterà armato di slogan orecchiabili, di dichiarazioni incendiarie e di discorsi con lo scopo di alimentare il risentimento verso questo “colpevole” e di attirare le simpatie popolari verso se stesso; se invece, il capro espiatorio non si è trovato, il populista, come per magia, tirerà fuori dal cilindro un gruppo sociale o etnico, lo discrediterà in modo tale da farlo sembrare quasi inumano e prometterà di risolvere il problema con l’eliminazione dei diritti, avvolte anche umani, di questi individui o gruppi sociali, già classificati come l’origine del problema stesso.
Il secondo fenomeno che permette al populismo di diffondersi è il sentimento anti-politico, in quanto delegittima chi sino a quel momento ha governato, così spianando la strada al demagogo leader populista che, marcando all’infinito i fallimenti dei Governi precedenti, distoglie l’attenzione del popolo sul suo programma fittizio, e lo renderanno più che mai credibile e percepibile come sensibile alle esigenze della gente ed affidabile.
Su questo punto, molti potrebbero confondere, specialmente durante la campagna elettorale, il politico comune dal populista: entrambi possono “alzare il gomito” con le promesse e la strategia che attuano, specialmente negli ultimi anni, è maggiormente focalizzata sullo screditare i propri avversari politici più che sul spiegare il proprio programma; ma la differenza sostanziale la si trova nel comportamento che hanno sui banchi del Governo.
Il politico comune, o meglio, il leader politico comune e serio, giunto al Governo, più che sulla propria legittimazione, si focalizzerà sull’elaborazione delle riforme necessarie per realizzare il più possibile il proprio programma. Sin da subito si mette al lavoro, non rincorre i giornalisti, anzi, se possibile li evita, a meno che non si tratti di soggetti particolarmente carismatici ed eloquenti, come ad esempio Renzi o Berlusconi, in quel caso, un po’ di audience in più farebbe comodo. Ma il leader populista vive di audience, idolatrando il popolo e demonizzando gli oppositori, e di tanto in tanto tornare a parlare di una delle fantomatiche promesse fatte durante la campagna, anche se non sempre è conveniente ricordarlo, l’importante è continuare a sedurre il popolo e far credere che si stia facendo qualcosa di concreto, come ad esempio andare in Libia e parlare con il loro Governo(?), facendo apparire di voler realmente concludere qualcosa, peccato che attualmente non esiste una vera e propria Libia, ma diverse “Libie” ognuna con un proprio “Governo” che disconosce, per non dire che fa guerra, a tutti gli altri pseudo-governi libici.
Infine, il terzo fattore è il disinteresse generale nei confronti della realtà sociale, che permette al leader populista di incantare il popolo con promesse messianiche e con statistiche ed informazioni surreali, ma accettabili per tutti coloro che hanno interesse, non nei fatti, ma in ciò che per risentimento hanno già deciso di credere.
Il populista, cerca la simpatia del popolo, cerca il suo consenso, cerca i suoi applausi, esattamente come qualsiasi politico che vuole raggiungere la sede del potere, tuttavia il populista non pensa all’esito delle sue decisioni e non si preoccupa nemmeno della pericolosità delle sue affermazioni e di ciò che possono provocare.
Infatti, e ciò sia chiaro, affermare ciò che suscita emozioni, specialmente se alimentano dei risentimenti verso altri gruppi, anziché diffondere la verità (per quanto possa essere impopolare) prima o poi provocherà danni irreparabili.
Così come ripetere all’infinito ciò che la gente vuole sentirsi dire, gonfiare la realtà perché più popolare, scaricare tutte le colpe sugli altri, e nel frattempo pubblicare sui social foto o video di se stessi mentre compiono buone azioni, mentre donano il sangue, mentre vanno a trovare persone anziane, pur di farsi pubblicità e sembrare brave e oneste persone (perché tutto si gioca esclusivamente sull’apparenza), non solo è pericoloso, ma è diabolico.
Continuare a fare promesse impossibili da mantenere, pensando che tanto la colpa andrà sempre a qualcun’altro e, come già detto, anche quando si è al Governo, continuare a fare campagna elettorale, perché si brama la popolarità molto più che il benessere del Paese, è a dir poco squallido.
Ma prima o poi tutti i nodi verranno al pettine, e il giudizio del popolo sarà inevitabilmente una sentenza di condanna al populismo; perché l’Italia potrà forse esser ingenua, ma certo non stupida.