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Idealismo ultrademocratico

| 10 Giugno 2018 | ATTUALITÀ

In occasione del G7 canadese il presidente del consiglio Giuseppe Conte e il presidente americano Donald Trump hanno raggiunto una comunione d’intenti per quanto concerne la riammissione della Russia al G8. Mosca venne esclusa nel 2014 a causa dell’annessione illegale della Crimea e da allora il vertice è a sette, non più otto. Le dichiarazioni “filo-russe” del premier Conte sono state accolte con criticismo da quanti credono religiosamente nella democrazia e vedono in essa un metodo di governo perfetto, insindacabile e che dovrebbe essere esteso ad ogni stato del mondo.

La Russia perciò, secondo questi, non può e non deve essere riammessa nel G7 in quanto paese non democratico e aggressivo in politica estera perché con l’annessione della Crimea ha violato apertamente la sovranità di uno stato indipendente. Quello che dovrebbe essere il vertice tra i politici più importanti del pianeta viene così ridotto a un mero club delle liberal-democrazie, autoreferenziale e svuotato di credibilità ed efficacia. Coloro che sostengono questa posizione sono da un lato integralisti, perché vorrebbero imporre la democrazia a paesi che non lo sono e difendono a spada tratta tale forma di governo come cavalli col paraocchi, dall’altro idealisti. Essi sono idealisti perché, a differenza di quanto pensano, la democrazia non è una forma di governo universale né universalizzabile. La democrazia è tipica dell’Occidente e di pochissimi altri paesi come India e Giappone. Gli stati che oggi sono democrazie consolidate sono passati attraverso un lungo processo storico-politico di durata plurisecolare ed è grazie a questo unico ed irripetibile processo che sono diventati tali.

Parte integrante nonché fondamentale di questo percorso è lo sviluppo economico e materiale. Numerosi studiosi, come ad esempio il politologo Arend Lijphart, hanno dimostrato la forte correlazione che c’è tra democrazia e sviluppo. In sostanza gli stati democratici più longevi sono anche gli stati più ricchi. La grande recessione ha però lasciato cicatrici indelebili su molti paesi sviluppati: la crescita economica è fragile e non corre più ai livelli di un tempo mentre le disuguaglianze aumentano. È proprio in virtù di queste conseguenze che la democrazia viene messa in discussione anche nei paesi sviluppati perché sta progressivamente venendo a meno uno delle variabili fondamentali per il consolidamento di un regime democratico: la ricchezza materiale e delle opportunità.

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A prescindere dalle attuali dinamiche interne alle democrazie consolidate, che sono comunque l’indicatore del fatto che urge cambiare qualcosa nei meccanismi operativi della democrazia liberale per avvicinare di più la politica e le decisioni ai cittadini, incrementandone così la partecipazione, la democrazia non è una forma di governo universale. Essa è una specificità dell’Occidente e di pochissimi altri paesi e credere di poterla imporre o “esportarla” in tutto il mondo è, per l’appunto, da idealisti. Se la Cina e la Russia, per fare due esempi, non sono paesi democratici non è perché i decisori di questi paesi sono cattivi e non vogliono estendere i diritti politici e civili tipici delle liberal-democrazie a tutta la popolazione. Semplicemente Russia e Cina non hanno avuto la nostra storia, hanno vissuto esperienze differenti, e quindi la comunità politica di questi paesi ha una cultura diversa e perciò non domanda la rivoluzione del sistema politico per sostituirlo con uno d’impostazione occidentale.

Ad ogni modo, la nostra democrazia dobbiamo tenercela stretta e difenderla con i denti, perché allo stato attuale non esiste altra forma di governo che garantisca e protegga le libertà fondamentali dell’uomo. Oggi l’alternativa alla democrazia esiste, ma si chiama autoritarismo. Cina e Russia sono paesi in cui non c’è libertà di espressione, di manifestazione, di stampa e la lista delle libertà non rispettate potrebbe andare avanti. Se abbiamo a cuore la nostra libertà individuale dobbiamo essere tutti difensori della democrazia. Ciononostante è evidente che qualcosa nel nostro sistema non funziona: la sempre più bassa partecipazione elettorale è uno dei tanti indicatori di questo malfunzionamento. Essere idealisti difendendo la democrazia senza se e senza ma, limitandosi a definirne la crisi ed individuarne le cause, è fuorviante oltre che ridondante ed inutile. Bisogna capire cosa non funziona nel nostro sistema e perfezionarlo, per ridare linfa vitale alla liberal-democrazia e quindi alla nostra stabilità politica strutturale.

TAG: autoritarismo, Cina, democrazia, democrazia liberale, democrazia rappresentativa, G7, Giuseppe Conte, Governo Conte, liberal-democrazia, libertà, russia
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