Dunque, il governo giallo-verde non si farà a causa della decisione del Presidente della Repubblica di ingerirsi nell’indirizzo politico dello stesso attraverso un veto inaudito alla nomina di un ministro, in palese violazione degli artt. 92 e 94 della Costituzione.
Sul fatto che il Presidente della Repubblica non abbia alcun potere rispetto alla designazione dei ministri, ne abbiamo già parlato qui e qui, e non vale la pena ripetersi; che non possa ingerirsi nell’indirizzo politico di una maggioranza parlamentare discende ovviamente dalla circostanza che l’Italia è una repubblica (rectius: una colonia) parlamentare e non presidenziale. Se questi abusi rientrino nella fattispecie di cui all’art. 90, Cost., saranno il Parlamento ed eventualmente la Corte Costituzionale a deciderlo.
Per evitare le conseguenze del suo gesto, Mattarella ha però pensato bene di concludere la serata con la sua clamorosa excusatio non petita, la quale si è rivelata assai istruttiva.
In sostanza, il nostro Presidente si sarebbe rifiutato di firmare la lista dei ministri perché il nome del prof. Savona – in quanto non “apprezzato” dagli operatori finanziari – avrebbe potuto creare perturbazioni sul mercato dei Titoli di Stato e in borsa, con ciò provocando perdite agli speculatori esteri e (dice lui) ai risparmiatori italiani, oltre che, mediatamente, l’uscita dell’Italia dall’Euro. In contrasto col principio della “tutela del risparmio” di cui all’art. 47, Cost..
Cosa ne deduciamo, in ordine di importanza crescente?
Che il Presidente della Repubblica non ha la più pallida idea dei fondamenti di finanza pubblica e di macroeconomia (“l’impennata dello spread giorno dopo giorno aumenta il nostro debito pubblico”: no, al massimo aumenta il tasso di interesse dei Titoli collegati alle prossime aste; “le perdite in borsa giorno dopo giorno bruciano risorse e risparmi”: non è vero, come sa chiunque abbia scommesso su un titolo allo scoperto, o chiunque – con un può di buon senso – si renda conto che le perdite di uno sono il guadagno di qualche altro; “pericolo di forti aumenti degli interessi per i mutui”: abbiamo già dimostrato che lo spread e i mutui non hanno nulla a che fare; “prima dell’Unione Monetaria Europea gli interessi bancari sfioravano il 20%”: manco per idea, potete controllare su questo documento di Banca d’Italia, pagina 32).
Che in un sistema come l’attuale, in cui cioè non vi sia una Banca Centrale Nazionale sottoposta al governo e che funzioni da acquirente di ultima istanza, la politica di qualsiasi colore (in altri e più pregnanti termini: la sovranità popolare) è sottoposta al ricatto di quelli che i giornalisti chiamano, con una certa immaginazione, “i mercati”. I quali, è presumibile, si interesseranno più a valutare i governi sulla base del loro profitto, che in vista della difesa della vedova e dell’orfano. Uscire da questa situazione – riappropriandosi della sovranità monetaria – è dunque un elemento di democratizzazione non più eludibile, che certo non si risolve con le idiozie paneuropee tipo gli Esbies (che non verranno mai emessi, ma se fossero emessi peggiorerebbero la situazione).
Che il Ministro dell’Economia della Repubblica Italiano lo stabilisce Mario Draghi, visto che attualmente la Bce è l’unico acquirente netto di Titoli di Stato italiani e che, a suo tempo, bastò una frasetta del Nostro (“whatever it takes“) per far cessare immediatamente la prima crisi dello spread, con la quale si portò a termine il primo colpo di Stato della storia recente del nostro Paese.
Che il Presidente della Repubblica risponde politicamente del rispetto, da parte del governo, dell’art. 47, Cost., che tutela il risparmio. Dunque Letta, Saccomanni e Napolitano, che ognuno per il proprio ruolo sottoscrissero o permisero di sottoscrivere gli accordi sull’Unione Bancaria, e poi Renzi e Padoan e lo stesso Mattarella, che non solo hanno recepito la Direttiva BRRD (quella del bail-in), ma lo hanno fatto anche prima del tempo, con ciò contribuendo a provocare l’insolvenza di 7 – 8 banche in un paio di anni, sono tutti – almeno politicamente – colpevoli. Colpevoli. Colpevoli.
Infine, e soprattutto!, che l’Euro è reversibile. Cioè smontabile (purché se ne discuta “apertamente”). Dunque Mario Draghi ha più volte (l’ultima, a marzo) affermato il falso. Ma tanto fra poco se ne andrà e ci penserà sicuramente Weidmann a far saltare il tappo.
Nel frattempo Mattarella, non avendo la possibilità di nominare senatore a vita il proprio cavallo, ha convocato Carlo Cottarelli per fare il Presidente di Consiglio di se stesso.
Luigi XVI, salito al trono, chiamò nel 1777 a dirigere le finanze del Regno il ginevrino Jacques Necker (fiero nemico del mercantilismo di Turgot, piddino ante litteram). Osteggiato però dalla nobiltà – che sentiva posti in pericolo i propri privilegi – fu congedato dal Re (che all’epoca i ministri li sceglieva davvero) una prima volta nel 1781, una seconda volta nel 1788. A causa di questo, i parigini decisero di prendere la Bastiglia.