Quando si parla di Cashless society si pensa ad una società in cui tutte le transazioni economiche vengano effettuate senza l’uso di contante ma con carte di credito, carte di pagamento, assegni o trasferimento diretto da un conto all’altro.
Per i più giovani, che sono già abituati all’uso di carte prepagate per effettuare i propri acquisti con tranquillità e sicurezza, tutto questo non sembra nulla di strano ma se andassimo a parlare dello stesso concetto a persone più adulte ci renderemmo conto di quanto questo sia rivoluzionario e tutt’altro che scontato.
È ciò che emerge dall’ultimo rapporto (2018) della Community Cashless Society – The European House Ambrosetti che sottolinea quanto l’Italia rispetto ad i partner europei sia molto indietro e preferisca sempre e comunque l’uso del contante come mezzo di pagamento. Oggigiorno gli stipendi e le pensioni sono accreditati automaticamente sui conti correnti ma nonostante questo siamo abituati a prelevare dai Bancomat i contanti per poi usarli come mezzo di pagamento. Tutto questo per gli addetti ai lavori è illogico e costoso per le casse dello stato e possiamo dirlo non è altro che un “vizio”, una cattivissima abitudine, tutta italiana che necessariamente deve essere estirpata dalla nostra cultura arretrata.
L’Italia dipendente dal contante
L’Italia rimane una economia fortemente dipendente dal contante; per cash intensity, infatti, è tra le 30 peggiori al mondo su 85 economie mappate ed è tra i big 5 europei il paese con il più alto incremento di prelievi di contante da ATM.
Il Regional Cashless Index evidenzia anche un fortissimo divario della Cashless Society tra Nord e Sud del Paese, sottolineando quanto l’Italia anche da questo punto di vista sia spaccata in due e quanto le regioni del mezzogiorno siano le più “contagiate dal virus del contante”. Potrebbe essere solo una questione di abitudine o un fattore fortemente culturale anche se dai dati emerge chiaramente che l’uso del contante favorisca di molto il lavoro nero e l’evasione fiscale.
Quanto ci costa questa cattiva abitudine
Ogni anno il contante (prelevato da atm) costa all’Italia la bellezza di 10 miliardi di euro cioè lo 0,53% del Pil, una somma davvero cospicua se pensiamo derivi unicamente da una nostra cattiva abitudine.
Dai dati emerge che nel biennio 2015-2016 ci sono state oltre 1300 rapine in banca, 800 in uffici postali e 700 in tabaccherie e sembra superfluo dire che con la cashless revolution aumenterebbe anche la sicurezza e si ridurrebbero drasticamente i furti.
È stato calcolato, inoltre, che se l’Italia si allineasse alla media europea dei pagamenti cashless potrebbe recuperare circa 40 miliardi di euro di sommerso e 4 miliardi di euro di iva e ancora come incidenza dei costi del contante sul Pil potrebbe liberare fino a 1,5 miliardi di euro all’anno.
Proposte d’azione per l’Italia (Community Cashless Society, TEH-A)
Conclusioni
L’Italia può ridurre il gap digitale rispetto agli altri Paesi europei sfruttando le opportunità portate dai mezzi di pagamento cashless e ottenere importanti benefici: maggiore sicurezza delle transazioni, riduzione dei costi del contante, emersione dell’economia sommersa e stimolo ai consumi e al commercio.
Quando si parla di lotta agli sprechi, all’evasione e al lavoro nero dobbiamo iniziare a pensare a soluzioni concrete e serie che guardino alle potenzialità della società odierna e che abbiano una visione di paese che ci proietti verso il futuro.