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Omar Pace un suicidio ad orologeria

| 30 Marzo 2018 | CRONACA

La storia della nostra Repubblica è costellata da stragi impunite, scomparse inspiegabili, morti provvidenziali e suicidi ad orologeria. Strani suicidi che, guarda caso, avvengono giusto in tempo per evitare testimonianze importanti nei quali sono imputati esponenti politici anche di rilievo. È il caso del suicidio di Omar Pace, Tenente Colonnello della Guardia di Finanza distaccato alla Dia, avvenuto l’11 aprile 2016.

Di li a pochi giorni, il Colonnello Pace avrebbe dovuto testimoniare al processo in cui è imputato l’ex ministro Claudio Scajola, accusato di aver favorito la latitanza dell’ex parlamentare Matacena condannato a tre anni per concorso esterno in associazione mafiosa e tuttora libero a Dubai dove si gode la sua latitanza dorata.

Pace fu tra i primi ad occuparsi, tra l’altro, del clan Spada di Ostia e di aver indagato sia su Scajola che su Matacena. La sua testimonianza al processo contro l’ex Ministro era fondamentale poiché fu proprio l’ufficiale ad effettuare il sequestro di atti e documenti nell’ufficio di Scajola il giorno del suo arresto, avvenuto l’8 maggio 2014. Tra gli atti sequestrati anche un fax dell’ex Presidente libanese Amin Gemayel anch’egli coinvolto con altri italiani residenti in Libano per la latitanza di Matacena. Meta prediletta quella libanese per i latitanti di Forza Italia: anche Marcello Dell’Utri, guarda caso, fuggì in Libano dove evidentemente esisteva una rete di protezione e supporto ai latitanti politici.

Pace 47 anni sposato e padre di due figli piccoli, la mattina dell’11 aprile 2016 uscì di casa molto presto premurandosi di gettare la spazzatura, arrivò in ufficio intorno alle 6.30, si chiuse nel suo ufficio e si suicidò con un colpo partito dalla sua pistola di ordinanza. Il corpo fu rinvenuto intorno alle nove del mattino dal collega con il quale divideva la stanza. L’ufficiale si occupava delle analisi sulle segnalazioni sospette (sos), ma era stato trasferito d’ufficio all’antiriciclaggio, trasferimento mai digerito dal Colonnello Pace.

Gli inquirenti ritengono che il suo suicidio sia dovuto ad una depressione causata sia da motivi personali che lavorativi, archiviando il caso. Via, caso chiuso così frettolosamente come, con la medesima velocità, venne ripulita la stanza dove fu rinvenuto il corpo di Pace e consegnata a tempo di record al nuovo occupante. I familiari non hanno potuto vedere il corpo del loro congiunto, solo alcuni giorni dopo, e non sono entrati nemmeno nella stanza dell’ufficiale. Alla moglie Barbara vennero consegnati solo la fede e l’orologio sporchi di sangue.

Il Colonnello Pace, la mattina del suicidio, lasciò quattro biglietti di addio all’interno della borsa della moglie, la quale li trovo nel momento in cui si recò alla Questura di Roma per le procedure di rito. Fu proprio Pace a lasciare quei biglietti oppure qualche mano provvidenziale le inserì durante la mattinata?

Si direbbe suicidio, ma c’è una incongruenza da non sottovalutare: Pace era destrimano mentre risulta essersi sparato impugnando l’arma con la mano sinistra. Insomma, un po’ come Manca che si inietto’ la dose di eroina nel polso sinistro quando era mancino. Poi c’è uno strano pedinamento denunciato dallo stesso Pace ad opera di “colleghi” della Dia, avvenuto mentre si recava a San Marino per tenere una lezione all’Università “La Tribuna Sammarinese”. Accertamenti volutamente frettolosi, un pedinamento ingiustificato, un suicidio eseguito utilizzando la mano sbagliata: gli elementi per non archiviarlo come suicidio ci sono tutti e, nonostante le interpellanze parlamentari e la richiesta della famiglia di indagare per istigazione al suicidio o omicidio, la Procura continua a considerarlo un normale suicidio non dando seguito alle richieste avanzate da più parti.

Un suicidio ad orologeria per evitare una testimonianza chiave contro un ex Ministro della Repubblica.

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