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Migranti e Dublino III: qualche considerazione

| 15 Gennaio 2018 | POLITICA

Pare che ieri – stretta fra la “Giornata mondiale del dialogo fra religioni e omosessualità” e la “Giornata mondiale della neve” (vedere per credere) – si sia celebrata la “Giornata mondiale del migrante e del rifugiato” (che è come dire la “Giornata del ladro e del derubato”, ma tant’è). Ovviamente Matteo Renzi non ha perso l’occasione per un tweet elettorale, questa volta per colpire non i cinquestelle, ma il centrodestra.

Diamo anche noi il nostro apporto alla sullodata “Giornata mondiale” (oltre che alla verità storica), ristabilendo un po’ l’ordine dei fatti.

Iniziamo da quello che Renzi chiama il Trattato di Dublino, il quale – sottoscritto in realtà nel 1990 (anche se entrato in vigore in Italia nel 1997) a livello intergovernativo – è stato poi sostituito, nel 2003, dal Regolamento 2003/343/CE (c.d. Dublino II). Va da sé che solo il Presidente del Consiglio Europeo ha sottoscritto quel testo (paradossalmente, si tratta di un politico greco), ma Renzi – che “è uno molto, molto poco tecnico” (De Benedetti dixit) – intende dire che fu Berlusconi a trattarne i contenuti per l’Italia. Tra questi, errore clamoroso, anche il famigerato “principio del primo Paese di arrivo” (capo III).

Quelli che Renzi non cita, però, sono altri due fatti: (i) la massiccia sanatoria di immigrati irregolari del 2002, voluta proprio dal governo Berlusconi; (ii) la sostanziale stabilità del numero di immigrati irregolari negli anni successivi al 2003, a dimostrazione del fatto che, all’epoca, quello delle migrazioni non era un pressante problema (cfr. gli annuali Rapporti sulle migrazioni della Fondazione ISMU). A garantire ulteriormente la situazione interviene nel 2008, dopo la parentesi del governo Prodi II, il Trattato di Bengasi, con cui sostanzialmente Gheddafi si pone come garante della “chiusura” delle rotte migratorie dall’Africa sub-sahariana. (Non rientra ovviamente in questo discorso una valutazione di che lacrime grondi e di che sangue quella garanzia).

Non solo. Poiché, probabilmente, un tweet è troppo breve per un discorso ben articolato, Renzi non prosegue la sua disamina oltre il 2003, per cui omette l’ulteriore circostanza secondo cui nel 2013, Presidente del Consiglio Enrico Letta, il Regolamento di Dublino II è stato sostituito dal Regolamento (UE) 604/2013 (detto, appunto, Dublino III). L’Italia poteva rinegoziare allora e non lo ha fatto. Prova timidamente a farlo oggi, ma i Paesi del Gruppo Visegrad si oppongono. Nel frattempo, nel 2011 scoppia la guerra civile in Libia e Gheddafi – auspici gli Stati Uniti di Hillary Clinton e la Francia di Nicolas Sarkozy – è ucciso, consegnando il Paese all’anarchia, ai signori della guerra e ai trafficanti di uomini. Inizia l’emergenza sbarchi.

Ma non finisce qui. Non solo nel 2013 non abbiamo ridiscusso il “principio del primo Paese di arrivo”, ma anzi già nel 2014, nel quadro dell’operazione Triton, Renzi ebbe la bella idea di accettare che tutti i migranti salvati tra Libia e Italia fossero sempre e comunque sbarcati nel nostro Paese. Lo ha detto Emma Bonino, e non è stata smentita. Come non sono stati smentiti tutti coloro che hanno evidenziato un certo – diciamo – lassismo nei confronti di ONG con qualche problema di localizzazione geografica del Canale di Sicilia (che, secondo alcune, arriverebbe quasi fino a Sirte). Nel 2015, poi, non solo la Germania ha sospeso Dublino III per quanto attiene i profughi siriani, ma ha anche sospeso Schengen unitamente a Francia, Austria, Danimarca, Norvegia e Svezia; noi lo abbiamo sospeso un mese nel 2017, in concomitanza col G7.

Non basta un tweet, in certe circostanze.

TAG: berlusconi, Dublino, Gheddafi, Libia, migranti, Renzi, rifugiati
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